SENIGALLIA – Lo scolmatore che collegherà l’ultimo tratto del letto fluviale con le darsene portuali potrà contribuire a risolvere i problemi in caso di piena del fiume Misa? Se lo domanda Gennaro Campanile, capogruppo di Amo Senigallia il quale, oltre a riflettere in maniera critica sul progetto studiato dal Consorzio di bonifica, ha presentato un’interpellanza all’assessore ai lavori pubblici Nicola Regine per capire come stanno le cose realmente, prima di trovarsele realizzate.
Il Consorzio di bonifica ha da tempo studiato un progetto per ridurre il rischio esondazione a Senigallia in caso di piena del fiume Misa. Un progetto intorno ai 20 milioni di euro, che troverebbero finanziamento sia nel fondi regionali, che in quelli statali, per realizzare diverse opere ingegneristiche in modo da rendere Senigallia idrogeologicamente più sicura.
Tra queste, la realizzazione del nuovo ponte II Giugno senza pile in alveo, attualmente in fase di ultimazione; le vasche di espansione tra le zone di Brugnetto e Bettolelle, di cui si discute da anni senza però aver ancora visto le ruspe in azione nonostante il finanziamento regionale già partito; altre vasche di laminazione, circa 15, prima del centro abitato senigalliese; il rifacimento e riprofilatura di vari tratti degli argini (di cui è stato fatto solo qualche chilometro nella sponda destra); il dragaggio del fiume e la scogliera a protezione del braccio sud (levante) del porto per evitare l’insabbiamento a causa delle correnti; gli scolmatori per collegare il canale del fiume alle darsene portuali. Tutto questo per ridurre la piena del fiume Misa e salvare non solo il centro storico ma anche le zone abitate di campagna che stanno a monte della città.
«Da anni si discute, non facendo nulla, di come evitare che la città sia colpita dalle esondazioni del Misa alla sua foce, che si trova di fatto in città – interviene Gennaro Campanile, ex assessore al bilancio nell’ultima giunta Mangialardi -. Il disastro di alcuni anni fa ha una origine diversa, con la rottura dell’argine a monte della città e l’acqua che si è riversata “naturalmente” a sud di viale IV Novembre. Il Consorzio di Bonifica delle Marche ha introdotto, nel progetto esecutivo del 2019, un’opera idraulica che sembra un pannicello caldo riscoprendo uno scolmatore che collegherebbe il fiume con le darsene attuali trasformandole in vasche di espansione. Il principio che sembra essere alla base del ragionamento ingegneristico è che per evitare la tracimazione in città occorra aumentare il deflusso delle acque dopo il ponte delle ferrovia».
Secondo il capogruppo di Amo Senigallia però, suggestioni a parte, ci sono alcune considerazioni logiche da riproporre. La prima è che in caso di piena del fiume Misa, una volta superati ponte Zavatti e ponte Garibaldi, l’ondata troverebbe nel nuovo ponte II Giugno «un ostacolo insormontabile in altezza a causa della fiancata unica in metallo». Dunque sarebbe inevitabile l’innalzamento del livello del fiume fino al precedente ponte Garibaldi e forse anche lo straripamento laterale. L’esponente di Amo Senigallia ritiene poi che i detriti voluminosi arriverebbero ai due ponti successivi determinando un vero e proprio tappo che ridurrebbe la portata delle acque. «Il fatto che “dopo” l’acqua troverebbe un maggior sfogo non servirebbe granché ad abbassare il livello nel tratto precedente. «L’acqua melmosa e piena di detriti invaderebbe le darsene, peraltro poco capienti, prima di riversarsi in mare, seguendo un percorso tortuoso, alzando le imbarcazioni e mettendole in pericolo. Il porto non sarebbe più protetto ed andrebbe incontro ad interramento».
In caso di piena del fiume Misa, dunque, Senigallia non avrebbe una soluzione ottimale con lo scolmatore verso le darsene: strategia poco costosa, forse, ma di che impatto per evitare un’esondazione? «Se si vuole stare tranquilli – conclude Gennaro Campanile – occorre che nella zona urbana arrivi meno acqua possibile e quindi il flusso straordinario deve essere intercettato prima che arrivi e non dopo che è arrivato. La soluzione proposta mesi fa dall’Ing. Landi del parco fluviale è visionaria ma rappresenta una risposta di lungo respiro che incide sul territorio in modo intelligente ed utile trasformando una emergenza in risorsa»