Senigallia

Caporalato a Senigallia, Libera: «Cammino ancora lungo per i diritti dei lavoratori»

I referenti dell’associazione che da anni s'impegna contro le mafie, intervengono sulla notizia che ha, di fatto, svegliato anche la tranquilla provincia anconetana

Il commissariato di pubblica sicurezza di Senigallia e il comando locale della polizia stradale
Il commissariato di pubblica sicurezza di Senigallia e il comando locale della polizia stradale

SENIGALLIA – Forse può stupire qualcuno sapere che ci sono esperienze di sfruttamento lavorativo a pochi passi dalla propria casa, forse si può pensare che il caporalato sia un fenomeno tipico solo di qualche zona del paese o che riguardi solo cittadini stranieri. Eppure la vicenda portata alla luce dagli agenti del commissariato di Senigallia e della squadra mobile dimostra che non è così. 

A ribadire questo concetto è il presidio Libera di Senigallia “Attilio Romanò”: «I reati di sfruttamento, insieme alle cosiddette zone grigie che permettono di delinquere, sono dappertutto, anche dentro di noi. Se poi tolleriamo forme di ricatto sul lavoro, perché le consideriamo consuete, entriamo a pieno titolo nel territorio della mentalità mafiosa. L’argomentazione è: ringrazia che ti do lavoro, altrimenti trovo al posto tuo qualcuno che si accontenta». 

L'immobile al Brugnetto di Senigallia dove erano alloggiati i lavoratori sfruttati
L’immobile al Brugnetto di Senigallia dove erano alloggiati i lavoratori sfruttati

Insomma l’episodio dell’arresto di un 30enne pakistano e della denuncia di un altro connazionale tuttora latitante ci mette di fronte alla dura condizione dei lavoratori immigrati, ma non solo. Se il caporalato è lo sfruttamento dei lavoratori tramite degli intermediari che reclutano e organizzano la manodopera per conto di imprenditori, soprattutto nell’agricoltura, possiamo ben immaginare cosa significhi tutto ciò: «Paghe al di sotto delle tariffe stabilite dai contratti collettivi, orari di lavoro dilatati, riposi ridotti al minimo, nessuna misura di sicurezza, in alcuni casi un vero e proprio sequestro con il ritiro dei documenti di identità, riduzione in stato di schiavitù. È un ambito dell’economia mafiosa e, in particolare, della cosiddetta agromafia. Il fenomeno non riguarda solo l’agricoltura, ma anche il settore turistico, l’allevamento, il facchinaggio, l’edilizia. Ci domandiamo: questa pratica che tutti condanniamo, non rischia a volte di essere prassi accettata?» si domandano i referenti del presidio Libera di Senigallia.

Allora ecco la proposta che lanciano con forza: un patto comune tra imprenditori, sindacati, società civile per eliminare quelle zone grigie che diventano terreno fertile per l’illegalità e lo sfruttamento; e un osservatorio con tutti gli attori coinvolti perché ciò che prevede la legge di contrasto al caporalato sia conosciuto, attuato e promosso. «Il cammino è ancora lungo per giungere ad una piena tutela dei diritti di tutti i lavoratori».