SENIGALLIA – Circa 2.000 persone hanno partecipato allo sciopero del clima, la manifestazione a tutela dell’ambiente promossa da varie associazioni, enti, scuole e singoli cittadini di tutto il mondo contro i cambiamenti climatici. Già dalle ore 9:30 di oggi, venerdì 15 marzo, piazza del Duca si è riempita di tanti giovani che hanno aderito al Climate strike for future, ideato dalla 16enne svedese Greta Thunberg, così come in oltre 1.300 città in ben 90 paesi di tutto il mondo.
Dalla piazza si è formato un corteo che, sfilando in tutto il centro storico, ha reso noti i pericoli che il pianeta sta correndo a causa di uno sviluppo globale non più sostenibile. Diversi gli interventi che si sono susseguiti, poi, sempre in piazza del Duca, dove il corteo ha fatto ritorno intorno alle 11, i giovanissimi alunni delle scuole elementari, gli studenti degli istituti superiori di tutta la città di Senigallia e gli adulti di varie associazioni ambientaliste, hanno voluto ribadire la propria contrarietà a un modello decisamente antiecologico finora sovrautilizzato in ogni settore della vita quotidiana.
Tra i vari rischi citati, non c’è solo quello di lasciare alle generazioni future un mondo povero e privo di risorse, con gravi pericoli per le popolazioni e in continuo surriscaldamento: c’è anche la possibilità, ormai molto concreta, di lasciare una cultura dello sfruttamento come “eredità” ai giovani. E proprio al futuro bisogna guardare: sia cambiando i nostri comportamenti che quotidianamente adottiamo, come l’utilizzo dell’auto, sia cercando di far cambiare punto di vista ad amministratori e politici locali e nazionali.
Una festa dell’ambiente, dunque, che vuole sensibilizzare i giovani e soprattutto gli adulti che finora hanno fatto poco, lasciandosi convincere da quel modello di sviluppo poco green che tanti danni a livello ambientale ha lasciato dietro di sé. L’impegno con cui si sono lasciati i giovani da piazza del Duca è quello di rivedersi nei venerdì di sciopero (fridays for future) sotto il municipio per non far cadere nel vuoto ogni appello al cambiamento, ambientale certo, ma soprattutto culturale ed economico.