SENIGALLIA – Cattive notizie giungono dall’ospedale cittadino alle prese con una carenza di personale che da acuta è divenuta cronica. La denuncia arriva dal “Comitato cittadino a difesa dell’ospedale di Senigallia” che segnala come la gastroenterologia, finora uno dei reparti “di punta” del nosocomio e capofila per tutta l’Area Vasta 2, è stato ridotto al lumicino.
Nella lente d’ingrandimento del comitato è finita la «gestione dissennata dell’Area Vasta 2 e dalla politica locale che spesso ha volto lo sguardo dall’altra parte anziché contrapporsi al depotenziamento del nostro ospedale in corso come altri sindaci e amministratori locali hanno fatto e tuttora fanno nei loro rispettivi comuni di appartenenza».
Il problema è che il mancato rinnovo delle attrezzature che diventano pian piano obsolete, la mancata stabilizzazione dei precari e sostituzione di quanti lasciano il reparto di gastroenterologia diventano fattori di gran peso per due motivi: da un lato creano disservizi all’utenza, dall’altro rendono meno attrattivo lavorare persino per i medici che non si presentano ai concorsi o preferiscono altri ospedali. Aggravando una situazione già precaria da più punti di vista. Se un medico infatti decide di lavorare presso altre strutture, è un problema per tutti: per l’Asur perché deve correre ai ripari; per i colleghi, per la copertura dei turni; per l’utenza perché ciò finisce per allungare le già infinite liste di attesa.
E allora il comitato lancia un allarme: «Se fra qualche mese, quando se ne andrà il direttore dell’Unità Operativa Complessa di gastroenterologia, l’azienda non dovesse rinnovare l’incarico di primario, a cosa andrà incontro il reparto? E l’utenza?» Domande che rimangono senza risposte, come spesso accade con l’argomento “sanità pubblica”, fino a che – sottolineano i componenti del comitato – non se ne parlerà più e il reparto potrà rimanere depotenziato o venire chiuso nel silenzio generale. «E gli amministratori locali e regionali senigalliesi cosa fanno? Fanno finta di non sapere e di non vedere».