SENIGALLIA – Come un po’ in tutta Italia, stanno aumentando i casi di persone positive al covid-19 a Senigallia e nel resto del distretto sanitario. Dalla spiaggia di velluto ad Arcevia, l’area può contare circa 65 contagi: se si esclude il focolaio con 21 positivi al centro di accoglienza Alle Terrazze scoppiato nel weekend scorso, rimangono oltre 40 casi diffusi tra i comuni delle valli Misa e Nevola.
Per qualcuno forse sembrano numeri contenuti o di poco impatto ma «in realtà sono molti», come afferma il coordinatore delle Unità speciali di continuità assistenziale (USCA) Fabrizio Volpini, quasi come nella primavera scorsa. Con la differenza che, mentre alcuni mesi fa il grosso dei contagi si era verificato nelle strutture per anziani – Senigallia su tutte ma anche Montemarciano – «oggi avvengono per lo più in ambito domestico e quindi c’è una maggiore capillarità del virus nel territorio».
Il virus si muove tra i parenti: spesso il covid-19 a Senigallia, come in tutto il resto del paese, passa dai più giovani (che in diversi casi non rispettano né il distanziamento né l’uso delle mascherine) ai soggetti più fragili all’interno delle famiglie. Ormai è endemico, dicono gli esperti.
Tanto da far rimanere costantemente in azione l’Usca. Le squadre di medici e infermieri, di fatto, non si sono mai fermate perché l’azione di monitoraggio dei pazienti, sia telefonica che domiciliare, non è andata in vacanza. Anzi, continua Volpini: «grazie all’impiego di nuovi medici sarà potenziata l’unità» che deve accertare la diagnosi di covid-19 ma anche stabilire se ci sono complicazioni e lo stato di avanzamento delle cure per ogni singola persona. I dati poi passano dagli operatori sanitari alla direzione del distretto di Senigallia; da qui finiscono direttamente nel sistema regionale che poi li comunica giornalmente. Numeri e strategie su cui dunque le amministrazioni comunali non possono intervenire.
Dunque crescono i contagi da covid-19 a Senigallia ma ancora non si sa nemmeno se potrà tornare fruibile il covid hotel, la prima struttura non sanitaria aperta nella regione Marche per la gestione delle persone in quarantena. Una possibilità di cui Senigallia ha potuto usufruire grazie alla Caritas e al comitato cittadino “Un aiuto per l’Ospedale di Senigallia”, che ha raccolto decine di migliaia di euro di fondi dalle donazioni private e alla collaborazione delle Usca e del distretto sanitario.
«Quell’iniziativa – spiega Volpini in merito al covid hotel – non è stata mai riconosciuta, né presa in carico a livello istituzionale, dalla Regione Marche. Funzionò per due mesi circa grazie all’impegno di Caritas, comitato e del personale volontario, ma potrebbe tornare molto utile adesso che i contagi e le quarantene si stanno moltiplicando. Solo che se ne dovrebbe fare carico la Regione e per il momento – conclude l’ex presidente della commissione regionale sanità – non se ne sta parlando».