SENIGALLIA – La notizia della morte di Riccardo Gambelli ha lasciato una scia di cordoglio come poche altre. Nonostante i pochi anni di attività artistica, il talento era indiscusso e la crescita in uno dei più felici periodi di sviluppo della cultura fotografica senigalliese, marchigiana e italiana, hanno di fatto portato Gambelli a essere uno dei nomi del panorama di riferimento nazionale.
L’amministrazione comunale di Senigallia ha voluto ricordarlo come un «personaggio di spicco per il mondo culturale e fotografico cittadino. Avvicinatosi al mondo della fotografia da giovanissimo agli inizi degli anni ’50, ha poi conosciuto e frequentato figure come Giacomelli, Pellegrini, Ferroni e Cavalli con cui da giovane fotografo ha avuto modo di assistere alla nascita dell’associazione fotografica Misa. Da quel momento, Gambelli cresce culturalmente sotto l’ala del maestro Cavalli il quale, sempre molto critico, analizzava e decideva il taglio migliore ed il titolo più adatto».
Recentemente, nel 2020, gli è stata dedicata una mostra in occasione della quale ebbe modo di ripercorrere un po’ la sua storia e ricordare anche quali motivi lo spinsero a lasciare il mondo artistico e fotografico che aveva abbracciato con tanta passione e talento: “Agli inizi degli anni Sessanta, quando mi sono sposato, lo stipendio era 4.000 lire al mese più le mance. Finché ero “single”, la fotografia era un hobby costoso, ma la passione mi faceva dimenticare l’impegno economico. La famiglia ha necessariamente imposto delle priorità e mi accorgevo che non avevo più tempo per andare alla ricerca di qualcosa di interessante da fotografare. Scattavo in casa, i figli erano i miei soggetti preferiti… comunque continuavo sempre a stamparmele da solo: non ho mai smesso di avere una stanza adibita a camera oscura. Adesso l’ho “ricreata”. Ho utilizzato la camera di Anna, mia figlia. La mia carriera da fotografo comunque si era trasformata in qualcosa di molto amatoriale. Dagli anni Sessanta, pertanto, non ho più partecipato alle mostre. Spesso, le foto tornavano rovinate, o, peggio ancora, restavano nelle associazioni che ospitavano le mostre ed io ero molto affezionato, come lo sono d’altronde ancora oggi, ai miei lavori. Ora, a distanza di molti anni, confesso che non mi dispiacerebbe affrontare la strada della fotografia digitale, solo che i paesaggi con la digitale non si fanno, “sta sempre a fuoco corto”, non hai un gran fuoco. Io ho cominciato con la “Rondine” della Ferrania poi ho comprato la “ Semflex ” che ho usato sempre”.
«Con Riccardo Gambelli se ne va l’ultimo testimone di un gruppo d’élite della fotografia, l’amministrazione comunale esprime il proprio cordoglio ai familiari».
Anche il vicepresidente dell’assemblea legislativa regionale nonché ex sindaco di Senigallia Maurizio Mangialardi ha voluto ricordare Riccardo Gambelli: «Sono estremamente addolorato dalla dipartita di Riccardo Gambelli, tra i massimi fotografi che hanno dato lustro a Senigallia nel mondo, ultimo rappresentante della Scuola del Misa. Serbo del maestro Gambelli indelebili ricordi: intrattenemmo con lui sempre ottimi rapporti come amministrazione comunale negli anni in cui ero Sindaco e riuscimmo ad organizzare eventi espositivi importanti come la mostra del 2020. Una persona deliziosa, di grande sensibilità umana e artistica, un’istituzione e un pezzo di storia fondamentale della nostra città. Rimangono i suoi scatti, consegnati all’eternità, testimonianza di un’epoca d’oro della fotografia artistica del Novecento. Le mie più sentite condoglianze alla famiglia e in particolare alla figlia Anna, al figlio Luigi e al carissimo nipote Edo».
Il fotografo Alfonso Napolitano ha sottolineato come le fotografie di Riccardo Gambelli insieme a quelle dell’amico Mario Giacomelli siano «immagini che nel tempo sono rimaste a documentare la loro sensibilità e la loro personalità». Napolitano ha collaborato all’archiviazione digitale di tutto il patrimonio fotografico di Gambelli: «E’ stato un lavoro che ha impegnato Anna Gambelli per oltre un anno e – ricorda ancora – è stato per me assai positivo potervi collaborare, poiché si è trattato di una ricerca, che ha ricostruito una parte della storia fotografica di Senigallia».
La critica Simona Guerra ha invece sottolineato l’aspetto umano del fotografo che non si risparmiava quando si trattava di dare consigli e scambiare opinioni sulla fotografia. «Lo ricordo come una persona sorridente e cordiale; un uomo che seppur conscio del suo valore artistico non si sottraeva mai alla mia ennesima richiesta di raccontarmi accadimenti che io ritenevo magici e che lui invece aveva vissuto in prima persona». Da qui l’appello: «È questa l’occasione, rinnovata, per sottolineare come a Senigallia Città della fotografia sia sempre più urgente la necessità di riportare la collezione delle opere dei nostri grandi fotografi senigalliesi del Misa sotto lo sguardo di tutti, attraverso un allestimento permanente adeguato all’importanza del nostro patrimonio».