SENIGALLIA – Un congegno prezioso e complesso nella sua semplicità come certi carillon che si trovano oramai solo nelle case dei nonni. Da fuori sembrano oggetti definiti e facilmente comprensibili nella loro plasticità, dentro però nascondono un universo di ingranaggi di cui percepiamo lo scopo ma non la funzione delle singole parti.
Si potrebbe descrivere con queste poche parole Di mare e di vento, il nuovo spettacolo di Neri Marcorè (qui l’intervista che gli abbiamo fatto) portato sul palco di Senigallia in prima nazionale nella doppia data del 25 e 26 luglio.
Due serate dal sapore speciale perché hanno permesso innanzitutto di riallacciare quel filo che si era spezzato con il lockdown e con il conseguente annullamento di tutte le piéces teatrali.
Marcorè prosegue sulla scia di altri suoi lavori dedicati all’universo dei cantautori, dopo De Andrè e Gaber, stavolta tocca a Gianmaria Testa, artista italiano spentosi nel 2016 e conosciuto forse più all’estero, in particolare in Francia, che all’interno dei confini nazionali. Un progetto ambizioso quello del poliedrico artista marchigiano che vuole portare i suoi spettatori nell’universo del cantautore di Cuneo, un mondo fatto di personaggi e suggestioni sconosciuti ai più.
La formula scelta da Marcorè è in perfetta armonia con la cifra stilistica di Testa: scenografia ridotta al minimo indispensabile, la voce di Neri accompagnata dalla sua chitarra, sul palco con lui, Domenico Mariorenzi al pianoforte e alla chitarra e Stefano Cabrera al violoncello ad incorniciare le parole di Da questa parte del mare di Testa, uscito postumo nel 2017.
L’atmosfera, aiutata dalla splendida cornice di Piazza Garibaldi, è intima, come quella che solo certi cantastorie sanno creare. Neri racconta le storie, le suggestioni e le situazioni che hanno portato alla composizione dell’album omonimo del 2006.
Il tema è quello dei grandi movimenti di popolo e di come questo sradicamento che accompagna ogni abbandono della propria terra nativa comporti delle ferite profondissime sull’esistenza di questi esuli forzati. Un tema quanto mai attuale, ieri come oggi, dove la parola immigrazione viene quasi sempre declinata e percepita come un’entità negativa, un unicum che vuole cancellare l’identità dei singoli a favore di una creatura unica e temibile. A guardare bene poi tra le parole di Testa, Da questa parte del mare è un’autobiografia sui generis, in cui l’artista parla di sé, usando aneddoti che raccontano gli altri. Gianmaria Testa diceva di non riuscire a guardare più il Mediterraneo senza pensare a tutte le storie tragiche che raccoglie. L’impressione che si ha è di un viaggio in treno in cui Testa, guardando fuori dal finestrino, descrive quello che vede e di riflesso la galassia che popola la sua anima.
Ecco allora inanellarsi, una dietro l’altra, le 11 perle che compongono il concept album che vanno da Seminatori Di Grano a La Nostra Città, ognuna accompagnata da un aneddoto, da una storia di una persona, da un volto ed un nome.
Lo stile è asciutto, essenziale, ma trasmette calore e compassione, senza però scendere mai nel pietismo o nella banale denuncia sovversiva: le parole del cantautore diventano un tutt’uno con la cifra stilistica di Marcorè.
Un congegno prezioso, dicevamo, che esula dal semplice intrattenimento, che obbliga chi ascolta a porsi delle domande, a cercare di vestire, per il tempo di una canzone, i panni di chi quelle vicissitudini le ha vissute e le vive ogni giorno sulla propria pelle. In definitiva, uno spettacolo non semplice, sicuramente intimista, ma decisamente da non perdere. Il prossimo appuntamento con Di mare e di vento è per il 4 agosto al ParcoMiralteatro di Pesaro.