CORINALDO – «La tecnologia più all’avanguardia che abbiamo è quella che alla sera torna a casa dalle proprie famiglie». Prima le persone poi le macchine, senza se e senza ma, per Tonino Dominici, presidente di Boxmarche, azienda di Corinaldo leader nelle soluzioni cartotecniche per il packaging e il visual design. Uno di quegli imprenditori, rarissimi in questo Paese, che si rifiuta addirittura di parlare di crisi.
«Il mercato si evolve, i consumi mutano e noi dobbiamo adeguarci – evidenzia Dominici, a capo di un’impresa familiare con oltre 50 collaboratori il cui motto è “Se lo sogni lo puoi fare” -. Non esiste crisi, esistono cambiamenti più o meno repentini, che richiedono risposte molto più rapide di un tempo. E i cambiamenti rappresentano un’opportunità per coloro che provano a guardare avanti».
Dominici, cosa significa, oggi, essere un imprenditore?
«A mio parere, ma sono di parte, questo è il mestiere più bello e libero del mondo. Essere imprenditore significa creare valore e sviluppo, ricchezza e bellezza per il proprio territorio. L’imprenditore è colui che guarda lontano affinché l’azienda viva e sia sostenibile nel tempo, a prescindere dall’imprenditore stesso. Per me significa poi essere attenti, ascoltare, conoscere, relazionarsi con le persone, facendo sì che le cose accadano. Oggi non è più possibile concentrarsi sul “qui e ora”, la sfida è anticipare i tempi e le esigenze della clientela, attraverso l’innovazione e nuovi modelli di business. Partendo sempre dalle persone».
Che lei considera il suo punto di forza..
«Senza dubbio. Sostengo da sempre che è la migliore tecnologia sulla quale possiamo contare. Chiedo spesso ai miei collaboratori di aiutarmi a essere squadra. Da solo posso prendere dieci decisioni, con dieci collaboratori possiamo prenderne cento: molte di più, insomma, e con maggiore qualità, figlia del confronto. Le macchine, inoltre, si svalutano dopo appena dodici mesi. Le persone, invece, si rivalutano, anche il triplo se ben formate, anno dopo anno. Questo investimento è di gran lunga più vantaggioso rispetto a quello in un software o in un macchinario, la cui funzione è di essere al servizio della persona che sa governarlo».
Non ha paura della tecnologia, dunque..
«La digitalizzazione è una rivoluzione, senza dubbio, ma non produce alcunché senza le persone. Chiaramente, accanto agli investimenti nei macchinari, vanno digitalizzate anche le competenze e le conoscenze dei collaboratori. Il mio sogno, che è condiviso anche dall’amico Sandro Paradisi, è quello di rivoluzionare il paradigma industriale, l’approccio al lavoro, passando dal senso del dovere al senso del piacere. Ci piacere parlare, a proposito, di nuovo rinascimento italiano. Sogniamo quotidianamente – e nel nostro piccolo proviamo a concretizzare tale desiderio – aziende ancorate al territorio, al centro del proprio contesto, dove si sta bene e si fa anche welfare. Dove si crea valore per noi, i nostri collaboratori e per il micro-mondo nel quale si opera. Sono convinto che la bellezza ci salverà».
Come sta l’Italia?
«È un vaso di coccio mezzo rotto. Non è al passo con le esigenze della piccola e media impresa. Servirebbero consistenti investimenti su strade, vie di comunicazione, infrastrutture fisiche e virtuali. Ma non è colpa dei politici, che considero una stilizzata rappresentazione del popolo che rappresentano. Questo è un Paese dove in molti si lamentano e in pochi si rimboccano le maniche. Nel mio piccolo cerco sempre di chiedermi cosa posso fare per invertire tale trend. Anche questa è una sfida».
A lei non piace parlare di crisi..
«Prediligo la parola cambiamento. Ci sono tante realtà aziendali che, invece di chiudersi in tenda in attesa del passaggio della tempesta, sono uscite fuori e hanno inventato un nuovo tipo di ombrello. La minaccia è stata trasformata in opportunità. Chi lo ha compreso ha creato nuovi brand e ha rilanciato il proprio business».
Perché crede, come afferma spesso, che vadano riqualificati i consumi?
«Perché abbiamo già fin troppo. La quantità non paga più. Al contrario, dovremmo puntare sulla cura del particolare, sulla bellezza, sull’innovazione di processo e di prodotto, sulla capacità di anticipare le esigenze della clientela. Questo possiamo farlo solo investendo e formando persone. È la nostra filosofia. Anche noi, sovente, dobbiamo occuparci degli “incendi” quotidiani e abbiamo poco tempo per pianificare il domani. Non sono tutte rose e fiori, ogni imprenditore ne è consapevole. Ma positività ed entusiasmo ci vengono in soccorso per superare qualsiasi problema. Personalmente credo molto nella volontà di fare, di crescere, di conoscere e di guardare avanti. È la spinta che dovremo avere tutti».
Come alimentare tale spinta?
«Viaggiando, relazionandosi con luoghi e persone. La mia filosofia di vita, che applico anche in azienda, è “so di non sapere”. Bisogna avere sete di conoscenza, anche nei confronti degli altri imprenditori. Con Sandro (Paradisi ndr.) l’amicizia è nata proprio da un viaggio aziendale. Scambiarsi conoscenze, del resto, è gratuito. E molto, molto, fruttuoso».