SENIGALLIA – Una capsula del tempo per ritrovare tra 50 anni sogni e speranze, desideri e timori, per ricordarsi cosa è avvenuto nel 2020 e 2021 e apprezzare ciò di cui abbiamo dovuto fare a meno: le relazioni, gli abbracci, i sorrisi. Ecco il senso dell’iniziativa che si è svolta questa mattina, 4 giugno, alla scuola primaria Pascoli di Senigallia.
In una porzione del giardino che si affaccia su piazza Saffi, oltre 200 bambini e ragazzi della scuola primaria Pascoli e di alcune classi della Fagnani lì ospitati hanno depositato cassette, buste e barattoli contenenti i loro messaggi di speranza per il futuro. Un momento emozionante per loro, per le insegnanti e la dirigente scolastica Patrizia Leoni. Tra 50 anni, nel 2070 quindi, la capsula del tempo verrà dissotterrata e gli adulti di domani potranno capire cosa sognavano, temevano o si auguravano i ragazzi di ieri.
«Lo spunto per l’iniziativa è arrivato grazie agli studenti della classe 1^E – spiega la docente Laura Sanderson – che hanno realizzato dei disegni e lavori per questo momento, che si sono intervistati tra loro per scoprire cosa apprezzano e a cosa hanno dovuto rinunciare. Lo scopo dell’iniziativa è quello di conservare la memoria di ciò che è stato per poter costruire domani un futuro più solido».
«La capsula verrà riaperta tra 50 anni – spiega Chiara, alunna 12enne della Fagnani – e ai nostri nipoti potremo raccontare cos’è successo in questi ultimi due anni in cui le mascherine hanno coperto i nostri sorrisi. L’augurio è che in futuro si possa essere liberi di tornare ad abbracciarci, apprezzando ogni piccola cosa a cui oggi abbiamo dovuto rinunciare».
«Abbiamo capito che anche nei momenti più bui – continua Pietro – non dobbiamo perdere la speranza, che dobbiamo cogliere al volo le occasioni e che la vicinanza di un amico può migliorare un periodo difficile».
Per l’occasione verrà apposta anche una targa commemorativa, come riferito dalla dirigente scolastica Patrizia Leoni, «in modo che tutti possano ricordare l’iniziativa nata davvero dal basso, con cui i nostri ragazzi hanno potuto rielaborare un anno difficile. Si tratta di un gesto che considero quasi catartico, liberatorio, dove al non vissuto e alle mancanze vengono sovrapposte le speranze per il futuro».