SENIGALLIA – Approvati i lavori nel tratto finale del fiume Misa, arriva la richiesta di una “pausa di riflessione” da parte della Lega. A confermarlo è Sergio Taccheri, coordinatore cittadino, che auspica una fase di studio più approfondita per evitare lo spreco di ingenti risorse economiche regionali che verranno investite per la sicurezza della città di Senigallia dal rischio idrogeologico.
L’annuncio dei lavori era stato dato dal Consorzio di Bonifica delle Marche, l’ente che ha recentemente approvato l’esecuzione del dragaggio del tratto terminale del fiume Misa (dal ponte ferroviario alla foce) e dell’allungamento del molo di levante; questi due interventi hanno lo scopo di risolvere le problematiche riguardanti l’insabbiamento di quello che una volta era il canale di ingresso al porto e che da anni non è più navigabile (in FOTO a destra le barche a inizio ‘900).
«La Lega ritiene che questi interventi debbano essere suffragati da uno studio approfondito, con assunzione di responsabilità, dei fenomeni fisici che governano la costa, allo scopo di non sprecare il denaro destinato a tali opere (460.000 euro circa solo per il dragaggio del fiume). In altri termini, si deve essere ragionevolmente certi dell’efficacia dei suddetti interventi».
Secondo il carroccio senigalliese, la sistemazione del porto (avvenuta nel 2009) ha rotto un equilibrio che esisteva da secoli, favorendo l’insabbiamento della foce che ora è sotto gli occhi di tutti. Per prima cosa, si dovrà «individuare con precisione le cause dell’intasamento» per evitare che «il dragaggio “spot” della foce del Misa» risulti «del tutto inutile in quanto la foce si intaserà nuovamente in breve tempo».
In secondo luogo – continua il direttivo della Lega – «tutto il materiale inerte dragato, che ammonta a migliaia di metri cubi, deve essere assolutamente recuperato allo scopo di evitare l’erosione della costa. Solo l’eventuale parte inquinata va smaltita in discarica, mentre tutto l’altro materiale deve essere restituito al mare, in prossimità della costa e non oltre la piattaforma litoranea dove il suddetto materiale andrebbe perso».
«Purtroppo – è l’affondo conclusivo – le amministrazioni che si sono succedute negli ultimi decenni non hanno intrapreso alcuna iniziativa valida e si sono limitate ad attribuire esclusivamente al mare e al caso la colpa dell’erosione, ricostruendo ciò che veniva danneggiato (scogliere, moli, ecc.), senza adottare un efficace piano di interventi».