Senigallia

La fusione Senigallia-Morro d’Alba fa ancora discutere: M5S contro Mangialardi per la «stupidità del no al referendum». E ai soldi

Continua in comune la battaglia sui milioni di euro che sarebbero derivati dall'operazione e che avrebbero potuto finanziare nuovi progetti del piano delle opere pubbliche

Stefania Martinangeli ed Elisabetta Palma
Stefania Martinangeli ed Elisabetta Palma

SENIGALLIA – Continua la battaglia sui milioni di euro che sarebbero derivati dalla fusione per incorporazione di Morro d’Alba con Senigallia. Durante la seduta consiliare del 21 dicembre scorso, si è discusso il bilancio comunale: tramite l’assist del consigliere dei cinquestelle Riccardo Mandolini, era intervenuto il sindaco di Senigallia Maurizio Mangialardi per dichiarare quanto fosse stato “stupido” rinunciare a quell’opportunità di far entrare soldi nelle casse comunali.

Soldi con cui si sarebbero potuti finanziari nuovi progetti del piano delle opere pubbliche. Dopo la replica del Comitato per il no al referendum sulla fusione, sono intervenute anche Stefania Martinangeli ed Elisabetta Palma, consigliere comunali del M5S Senigallia, in aperto contrasto con quanto sostenuto da Mandolini e Mangialardi.

«Il consigliere Mandolini ha espresso, ancora una volta, il suo pieno allineamento e sostegno al PD e alla maggioranza – scrivono le due esponenti pentastellate – presentando le sue rimostranze e chiedendo più volte in tono di sfida a coloro che “sponsorizzavano il NO al referendum sulla fusione” di “trovare le risorse” per finanziare il piano triennale delle opere pubbliche. Ricevendo quindi, come ben evidenziabile dallo streaming della seduta consiliare, i ringraziamenti della consigliera Pedroni, vice capogruppo PD, e del sindaco Mangialardi in persona, che ha stigmatizzato “la stupidità” delle migliaia di cittadini che a Senigallia e a Morro d’Alba (dove hanno votato il 70% degli aventi diritto, un vero plebiscito) hanno respinto al mittente una “fusione a freddo” tra due realtà che ben poco hanno in comune».

La divergenza non è solo sulle posizioni espresse in aula: anche il contenuto della proposta aveva suscitato non poche polemiche. Sulla fusione il M5S non si era dichiarato contrario a priori: in alcune condizioni era ammissibile. Per esempio, nel caso di comuni piccolissimi o se l’iniziativa fosse venuta dai cittadini. Oppure dopo «la valutazione di una serie di fattori determinanti quali la posizione geografica, la storia del comune, le prospettive demografiche ed economiche». L’importante per le due consigliere grilline, era che il progetto non fosse “calato dall’alto” e imposto da sindaci e partiti, ma frutto di un’ampia informazione verso i cittadini e da un’ancora più ampia condivisione. Il meccanismo di eliminare man mano le sovrastrutture politiche avrebbe prodotto un abbattimento dei costi delle macchine comunali che si fondo per divenire un unico ente.
«Non era il caso della fusione decisa “di soppiatto” dai sindaci di Morro d’Alba e Senigallia, che non vedeva rispettato nessuno dei punti di cui sopra. Anzi, alcune valutazioni esperte hanno evidenziato addirittura che la fusione, per un comune delle dimensioni di Senigallia, sarebbe stata addirittura antieconomica» sostengono le due consigliere Palma e Martinangeli.

La battaglia è passata poi sui numeri: secondo il sindaco i soldi che Senigallia e Morro d’Alba avrebbero percepito con la fusione sarebbero stati 10 milioni, aumentati a 14 dato che lo Stato non aveva effettivamente “consumato” il budget disponibili, andando quindi ad aumentare le quote di quelle realtà che si erano invece fuse.
«Nella seduta sono stati millantati “milioni di euro” che avrebbero sommerso la città … in realtà, ricordiamo, le risorse disponibili (nemmeno certe) potevano essere al massimo il 40% del denaro inviato nel 2010 da governo a comune, ovvero una cifra massima di 2 milioni di euro all’anno (da dividere al 50% tra Morro e Senigallia) per 10 anni. Nel suo intervento-insulto alla cittadinanza, il sindaco sbandiera 14 milioni di euro per 15 anni … forse si è lasciato vincere dall’entusiasmo?. Ovviamente, il Comitato referendario che si era costituito per spiegare i motivi per cui votare NO alla fusione, non ha lasciato passare in sordina questo sgraziato intervento, ricordando che la sovranità appartiene al popolo (quando i politici lo permettono). Non a caso, fallita la fusione, sono passati all’Unione dei Comuni, preparata in gran segreto dai segretari comunali già mentre si lavorava alla fusione, e decisa con il minimo dei voti necessari (17) serrando i ranghi dei consiglieri di maggioranza che sono stati richiamati all’ordine».