SENIGALLIA – Non si placano i commenti dopo la scelta della maggioranza e della giunta regionale sulla pillola abortiva Ru486 e sull’interruzione volontaria di gravidanza. Quello che è avvenuto ieri nell’assemblea legislativa delle Marche – la bocciatura della mozione di Pd e Rinasci Marche – ha solo infiammato un dibattito che va avanti da tempo e su cui è intervenuto anche l’ex presidente della commissione sanità della Regione Marche, il medico senigalliese Fabrizio Volpini.
Proprio in tale ruolo, «uno dei primi atti su cui ho lavorato nella passata legislatura è stata la delibera che introduceva la possibilità, in via sperimentale, di utilizzare la pillola Ru486 in regime di integrazione ospedale – territorio (consultorio)». Alla base della sperimentazione c’è la mancanza di ragioni scientifiche sulla necessità che il farmaco per l’interruzione volontaria di gravidanza venga somministrato in regime di ricovero ospedaliero di tre giorni; su questo punto che aveva lavorato Volpini.
«La norma che in Italia, tardiva rispetto al resto d’Europa, aveva permesso il ricorso all’aborto farmacologico (Ru486) prevede un ricovero ospedaliero di tre giorni. Questa disposizione non ha alcuna ragione di ordine clinico o scientifico. In quasi tutti i paesi d’Europa la gestione avviene sul territorio, nei consultori: in Francia – pone un esempio ancora più eclatante – la prescrive il medico di famiglia».
Il medico di Senigallia spiega poi le ragioni di tale scelta in merito all’interruzione volontaria di gravidanza fatta dall’allora governo regionale guidato dal centrosinistra: «L’obiettivo era quello di rendere la situazione italiana più vicina al resto dell’Europa e coerente alle indicazioni scientifiche. Una circolare del ministero della Sanità, forte del parere delle società scientifiche dei ginecologici, recepiva queste conoscenze e suggeriva questo percorso alle regioni».
Percorso però disatteso: «La prima regione a disattendere questa indicazione è stata le Regione Umbria, dopo la vittoria del centrodestra. Adesso è la volta della Regione Marche. Quando alla scienza si sostituisce l’ideologia e il preconcetto a rimetterci sono i diritti. Da questi bisogna ripartire, vanno difesi perché non sono conquistati per sempre».
La presa di posizione del medico di Senigallia Fabrizio Volpini circa l’interruzione volontaria di gravidanza ha smosso però parecchi commenti: «È una decisione disumana, sulla pelle delle donne si perpetua una metodica più invasiva» scrive Sabrina, mentre Federica rincara la dose: «Quando le ideologie hanno prepotentemente la meglio sui diritti. Nulla è per sempre, non lo sono i diritti a quanto pare, non lo sarà di certo una giunta di destra. Lotteremo prima di cedere anche solo un centimetro».
Contro tale scelta si è schierata anche Possibile, la cui segretaria nazionale è dal maggio 2018 l’ex deputata di Senigallia Beatrice Brignone, più volte intervenuta sul tema. «Quello che sta succedendo nelle Marche in tema di salute riproduttiva e sessuale – si legge sul sito del partito – è l’ennesima occasione per la destra di attaccare l’autodeterminazione e la libertà di scelta e di sfoderare un armamentario di argomentazioni prese dalla propaganda più becera. Sapevamo che le Marche sono schierate con quelle regioni (tutte guidate dalla destra) come Umbria e Piemonte, che non intendono adeguarsi alle nuove linee ministeriali in materia di Ru486. Linee guida che sono arrivate proprio in risposta alle posizioni di Donatella Tesei, presidente della Regione Umbria, sull’accesso all’aborto farmacologico».
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Anche il capogruppo di Fratelli d’Italia Carlo Ciccioli è entrato nel dibattito del centrodestra in consiglio regionale marchigiano per contrastare l’impiego del farmaco per l’interruzione volontaria di gravidanza anche nei consultori collegati agli ospedali: «Il tema dell’aborto non sarebbe “una battaglia prioritaria”, secondo Ciccioli. Saremmo anche d’accordo – continuano da Possibile – nel senso che non dovrebbe essere una battaglia affatto, ma un diritto garantito a norma di legge dello Stato, ma Ciccioli continua dicendo che “la battaglia da fare oggi è quella per la natalità. Non c’è ricambio e non riesco a condividere il tema della sostituzione: siccome la nostra società non fa figli allora possiamo essere sostituiti dall’arrivo di persone che provengono da altre storie, continenti, etnie. Ritengo che un popolo abbia una sua dignità, da manifestare attraverso una sua identità e la sua capacità di riproduzione”. Insomma, la buona vecchia tesi della “sostituzione etnica”».