SENIGALLIA – Da più parti si levano commenti critici sulla vicenda del carabiniere condannato per aver sparato e ucciso un ladro dopo il tentativo di investimento. Commenti critici non solo da parte di tanti cittadini ma anche da alcuni avvocati.
I fatti avvennero nel febbraio 2015, durante un’operazione dei carabinieri nelle campagne di Ostra Vetere: i militari erano alla ricerca di una banda di ladri che stava razziando la zona. Quando venne rinvenuta un’auto ferma sul ciglio della strada, apparentemente senza occupanti, i militari si avvicinarono ma questa ripartì improvvisamente tentando di investire il capopattuglia che per poco non rimase ferito. Mentre un secondo militare sparò un colpo in aria nel tentativo di dissuadere i malviventi dalla fuga e da altri atti più pericolosi, il terzo militare mirò alle gomme dell’auto. Con una strana ma fatale traiettoria, il proiettile sparato da Mirco Basconi, dopo aver rimbalzato sull’asfalto, finì per colpire uno dei ladri alla nuca. Il 23enne albanese Korab Xheta morì quattro giorni dopo all’ospedale e i familiari, rappresentati dall’avvocato Teodoro Serino, vollero subito vederci chiaro.
Da lì iniziò il processo che portò nel novembre 2016 al rito abbreviato a una condanna a un anno con pena sospesa per eccesso colposo di utilizzo dell’arma di servizio. Due anni dopo, a marzo 2018, in corte d’appello la pena venne ridotta a 7 mesi e 10 giorni, ma si tentò di ricorrere in Cassazione. Lo scorso mercoledì 2 dicembre, è arrivato il verdetto: ricorso respinto e carabiniere condannato in via definitiva nonostante tutti i tentativi dei legali Mario e Alessandro Scaloni di far comprendere ai giudici che tutti gli altri tentativi di evitare la fuga e situazioni pericolose si erano rivelati inefficaci.
Sui social la vicenda ha sempre destato scalpore: molte le persone che hanno voluto esprimere solidarietà al carabiniere prima ancora che alla vittima di questo episodio.
A commentare la vicenda è intervenuto anche l’avvocato Corrado Canafoglia, legale del capopattuglia che non venne indagato in quanto vittima del tentato investimento da parte dei malviventi e soprattutto in quanto non sparò un colpo (l’altro militare venne assolto): «È il caso di dire che è una vicenda kafkiana, perché nel caso di specie non si tratta di un carabiniere violento o né che abbia usato le armi improvvidamente, bensì di un appartenente all’Arma il quale, dopo aver visto il collega in pericolo, ha sparato non alla persona ma all’auto in fuga. Ci si chiede quindi come gli appartenenti alle forze dell’ordine possano lavorare con serenità in futuro».
«Come coordinatore nazionale di “Difesa Legittima Sicura” – interviene l’avvocato Roberto Paradisi – esprimo amarezza e delusione per una sentenza che fa fare alla cultura del diritto naturale alla legittima difesa cento passi indietro. Non si può pretendere che chi si trova a tu per tu con la morte (e in questo caso la macchina in fuga tentò di investire i carabinieri) sia così lucido e razionale da poter operare, come fa il giudice dietro la scrivania e con tutto il tempo necessario, un bilanciamento ponderato degli interessi in gioco. Quel carabiniere ha dovuto agire in pochi istanti ed è stato corretto nel tentare di sparare ad una ruota. La morte del malvivente è stata una mera fatalità. Questa sentenza dimostra non solo che la riforma della legittima difesa non basta e che va rivisto l’impianto dell’istituto ma anche che la cultura giuridica di questo Paese ha abbandonato la saggezza e la tradizione della millenaria cultura del diritto dell’Occidente. Ingiustizia, nel senso più alto del termine, è stata fatta» conclude Paradisi.