Senigallia

Lavoro a Senigallia: sempre più precariato. I contratti stabili? Un miraggio

L'allarme di Enrico Pergolesi, consigliere di Alleanza Verdi Sinistra, che evidenzia la crescita del lavoro a chiamata

SENIGALLIA – I dati gonfiati nelle rilevazioni del lavoro e dell’occupazione stridono con la realtà italiana e Senigallia non è da meno. Lo sostiene Enrico Pergolesi, consigliere di Alleanza Verdi Sinistra – Diritti al Futuro, che interviene sul tema lavoro e dignità dopo le recenti rilevazioni Istat diffuse su cui il governo sembra gongolare felice.

«Regolarmente, ad ogni aggiornamento dei dati Istat sull’andamento del mercato del lavoro in Italia, il governo, se ne esce con comunicati trionfalistici nei quali intesta a sé e alle proprie politiche i mirabolanti risultati rilevati dall’istituto: tasso di disoccupazione 2024 al 6,6%, tasso di occupazione al 62,2%, aumento dei contratti a tempo indeterminato e via dicendo – spiega Pergolesi. Questo trionfalismo non solo stride pesantemente con le percezioni dei comuni cittadini (tanti giovani che non riescono a trovare lavoro e sono costretti ad espatriare, giovani che il lavoro lo trovano ma si tratta di lavoretti sottopagati con il lavoro a tempo indeterminato che resta un miraggio, diffusione del precariato, retribuzioni sempre più basse, ecc.) ma è frutto di almeno due distorsioni».

Pergolesi cita da un lato alcune «scaltre omissioni» di altri dati Istat e di altri istituti di ricerca che parlano di un peggioramento generale della situazione economica: il 23,1% della popolazione è a rischio di povertà o esclusione sociale (22,8% nel 2023), particolarmente colpite sono le famiglie numerose (34,8%) e i monogenitori (32,1%). Gli anziani soli sono sempre più vulnerabili (29,5%). Il divario tra Nord e Sud rimane significativo, con il Mezzogiorno che registra il tasso più alto di rischio povertà (39,2%).

Ma il consigliere di Alleanza Verdi Sinistra continua: «Dall’altro lato bisogna considerare che, stante l’evoluzione negativa del mercato del lavoro che ormai è sempre più un mercato del “lavoretti” (gig economy la chiamo quelli che hanno studiato), il sistema di rilevazione adottato da Istat (per altro in linea con il sistema Eurostat) non è più idoneo a rappresentare in modo adeguato lo stato di salute effettivo del mondo del lavoro. Ci riferiamo in particolare al fatto che Istat considera occupato chiunque abbia lavorato anche solo un’ora nella settimana in cui sono raccolti i dati, fatto questo che va ovviamente a gonfiare a dismisura il numero degli occupati e che fa si che al concetto di occupato non possa più essere associata quell’idea di indipendenza economica che tradizionalmente gli si attribuiva».

Ma a Senigallia che situazione c’è? Che aria si respira? «I dati ricavati dalle comunicazioni di assunzione (modello Unilav) che i datori di lavoro sono tenuti ad inviare al Centro per l’Impiego, ci parlano non solo di una contrazione nel numero delle assunzioni (18.099 avviamenti nel 2024, 18.898 nel 2023, 18.976 nel 2022), ma soprattutto, ancora una volta di un mercato del lavoro sempre più precario. Nel 2024 i contratti a tempo indeterminato sono stati 1.156 (pari al 6,4% del totale assunzioni) contro i 1.269 del 2023 e i 1.438 del 2.022). In termini percentuali si tratta di una contrazione del -9,8% sul 2023 e addirittura del -24,4 rispetto al 2022. Di contro, sempre nel senigalliese, il lavoro a chiamata, e cioè la forma di lavoro più precaria ad oggi esistente, continua a crescere: 3.105 assunzioni nel 2024, contro le 2.973 del 2023 e le 2.969 del 2022».

L’economia di Senigallia «si fonda soprattutto sul settore turismo e quindi su quel lavoro stagionale che si caratterizza per condizioni lavorative inaccettabili: retribuzioni particolarmente basse, orari insostenibili, assenza di giorni di riposo garantiti, lavori oltre il tempo pieno camuffati da part time, nessuna prospettiva di crescita professionale. È di tutta evidenza come la difficoltà che le imprese del settore lamentano da tempo nel reperire la manodopera necessaria non fosse da attribuire al Reddito Cittadinanza (per altro abolito nel 2023) né alla scarsa voglia di lavorare di giovani e meno giovani» conclude Pergolesi.