SENIGALLIA – Poca acqua, in senso metaforico, quella passata sotto i ponti di Senigallia per quanto riguarda la sanità pubblica. Lo afferma il comitato per la difesa dell’ospedale cittadino: delle tante promesse “sparate” da giugno 2017 a oggi, si è concretizzato ben poco se si considera che ad averle annunciate erano stati il primo cittadino Mangialardi, l’assessore alla sanità Girolametti e il presidente della commissione sanità regionale Volpini.
Era stato infatti detto che Senigallia e la sua vallata del Misa-Nevola avevano già pagato prezzi altissimi con la chiusura dei vari ospedali territoriali per permettere la riorganizzazione sanitaria regionale e che non sarebbe state accettate altre manovre lesive della situazione attuale. Addirittura Girolametti aveva annunciato le proprie dimissioni in caso l’Utic fosse stato smantellato.
«Se, come impongono i dettami Ministeriali vanno ottimizzati i servizi in base ai volumi di attività, alla morfologia e demografia del territorio – si chiedono i referenti del Comitato – perché in Area Vasta 2 continuiamo ad assistere a investimenti per l’ambito riabilitativo nel nostro ospedale a scapito della gestione delle problematiche acute?»
Così infatti viene letta la trasformazione della cardiologia in riabilitativa, così come la nuova unità operativa di fisiatria, quella di otorinolaringoiatria che non è messa in condizione di espletare attività operatoria, il depotenziamento del laboratorio analisi, la mancanza di risonanza magnetica e la tac che funziona a giorni alterni.
«Non si è contrari alle riorganizzazioni che rendono più sostenibile ed equo il sistema sanitario regionale ma le scelte devono essere sensate eque e oculate perché ne va della salute dei cittadini. Quindi smettetela di smantellare i reparti per acuti del nostro ospedale e opponetevi alla lenta trasformazione del nostro presidio in un futuro ospedale ad indirizzo riabilitativo».