Senigallia

“Mezze persone”: quando la disabilità suscita pregiudizi e discriminazioni – L’intervista

Maria Chiara ed Elena Paolini sono due sorelle disabili di Senigallia che presenteranno il libro "Mezze persone. Riconoscere e comprendere l’abilismo" alla rassegna "Orme/ incontri oltre il femminile" di Cupramontana

Maria Chiara ed Elena Paolini
Maria Chiara ed Elena Paolini

SENIGALLIA – Tra le ospiti della rassegna transfemminista ORME / incontri oltre il femminile, che si tiene fino al 27 maggio a Cupramontana, ci sono Maria Chiara ed Elena Paolini. Sono due sorelle di Senigallia entrambe disabili, che da anni scrivono e fanno informazione (ma anche formazione) sulla disabilità in ottica femminista. Curano un blog, Witty Wheels in cui parlano molto anche dei disability studies che hanno portato avanti. Ma sarebbe riduttivo parlarne in questi termini.

Maria Chiara, classe 1991, ha studiato lingue e letterature inglese e araba, traduzione editoriale inglese-italiano e didattica dell’italiano come lingua straniera. Si occupa anche di giustizia sociale e abilismo. Elena, nata nel 1995, è una formatrice e divulgatrice laureata in relazioni internazionali con specialistica in diritti umani, ha seguito vari corsi di documentario e cinematografia. Nel luglio 2022 hanno pubblicato un libro Mezze persone. Riconoscere e comprendere l’abilismo (Aut Aut Edizioni, 2022) di cui parleranno il 29 aprile nella rassegna cuprense assieme a “Colla”, Collettiva Transfemminista Jesi. 

Ne abbiamo approfittato per porre qualche domanda, partendo innanzitutto dal titolo del libro: perché mezze persone?
«L’idea di “persone a metà” o “mezze persone” fa riferimento al modo in cui la società considera le persone discriminate e oppresse: le considera non del tutto persone, quindi sacrificabili, meno meritevoli di diritti, di accesso, di felicità, di vita». 

Cos’è l’abilismo?
«Con “abilismo” si intende lo stigma e la discriminazione verso le persone disabili. La radice del nome è la stessa di “abilità”. Perché l’abilismo è una visione per cui avere un corpo-mente non disabile, quindi abile, è valutato positivamente e in cui la disabilità è un difetto invece che un aspetto della varietà umana. Il corpo-mente non disabile è la norma, e tutto ciò che vi si discosta è inferiore, negativo. Di fatto l’abilismo è un’oppressione sistemica, cioè è una visione del mondo in cui tutti siamo immersi – e da cui quindi tutti noi siamo influenzati – e che si manifesta a tutti i livelli della società, proprio come il razzismo, il sessismo, l’omobitransfobia, la misoginia ecc ecc». 

Nel libro che state presentando da quasi un anno in giro per l’Italia parlate di interdipendenza, un concetto ormai quasi naturale nel mondo com’è strutturato oggi, ma di “un’interdipendenza anomala” quando si associa al concetto di disabilità: perché?
«Come esseri umani, siamo tutti interdipendenti. Di solito non ci produciamo il cibo, i vestiti o altri beni da soli, ma abbiamo bisogno di qualcun altro che lo faccia per noi. Abbiamo bisogno di sostegno emotivo da parte dei nostri cari. Siamo tutti dipendenti dagli altri. Eppure quando questa dipendenza è associata alla disabilità diventa un problema, un fastidio, un’anomalia. Nella nostra società essere adulti e avere bisogno di aiuto per mangiare e vestirsi è visto come una cosa indesiderabile e insostenibile, a causa dello stigma sulla disabilità». 

Perché un libro, quando internet e i social la fanno da padroni? 
«La proposta ci è arrivata da un editore, ma noi già nel 2014 abbiamo iniziato a leggere i blog di attivisti disabili americani, inglesi e francesi che si occupano di disabilità e abilismo (discriminazione verso le persone disabili) e ci siamo avvicinate ai disability studies. Nel 2015 abbiamo aperto il blog Witty Wheels (http://wittywheels.it/blog/), per condividere le nostre esperienze, riflessioni e analisi come persone disabili in Italia».

Il linguaggio usato nei giornali e negli altri media ha influenzato le vostre personalità? Voi vi occupate anche di formazione e avete tenuto un corso ai giornalisti su questo tema: è cambiato qualcosa?
«Non è particolarmente “sano” sentirsi spesso definire, come categoria, “persone speciali e coraggiose”, oppure pesi per la società e persone che conducono una vita indesiderabile, ma in realtà non ha influenzato le nostre personalità in modo particolare. Il corso per giornalisti che abbiamo tenuto nel 2019 è stato molto partecipato, continuiamo a fare formazione sull’abilismo a varie categorie di professionisti, ma al di là dei giornali, ostacoli maggiori nella nostra vita rimangono la scarsità di fondi per assumere assistenti personali, gli scalini all’ingresso dei locali e la discriminazione nel fare cose ordinarie, tipo l’estrema difficoltà a prendere un aereo».