Senigallia

Milena Vukotic si racconta tra Pirandello e Pina Fantozzi. Intervista ad uno dei volti più iconici del panorama artistico italiano

L'attrice a Senigallia sul palco del Teatro La Fenice con “Così è (Se vi pare)”

Milena Vukotic in "Così è (se vi pare)"
Milena Vukotic in "Così è (se vi pare)"

SENIGALLIA – Una carriera lunga 60 anni suddivisa tra danza, cinema, teatro e televisione. Ruoli iconici che l’hanno resa immortale e per i quali ha avuto il privilegio di essere stata diretta da mostri sacri, sia italiani che stranieri, tra i quali ricordiamo Ettore Scola, Mario Monicelli, Lina Wertmüller, Dino Risi, Steno, Carlo Lizzani, Federico Fellini, Carlo Verdone, Luis Buñuel, Bernardo Bertolucci, Sergio Martino, Andrej Tarkovskij, Nagisa Ōshima, Walerian Borowczyk, Franco Zeffirelli e Ferzan Özpetek.

A tutto questo si aggiungono premi e riconoscimenti tra cui un Nastro d’argento e tre volte candidata al David di Donatello (nel 1983, 1991 e 2014). Non bastano certo queste poche righe a racchiudere la carriera di Milena Vukotic, attrice ed artista poliedrica che in questi giorni si trova a Senigallia per portare sul palco del Teatro La Fenice il capolavoro pirandelliano “Così è (Se vi pare)”, proposto da Comune e AMAT in collaborazione con la Compagnia della Rancia e con il contributo di MiC e Regione Marche. L’attrice è tornata, a distanza di più di 50 anni, ad interpretare uno dei testi più immortali di Pirandello.

Come è stato cimentarsi nuovamente in questo capolavoro a distanza di 50 anni dalla prima volta?

«E’ sempre una grande emozione…lo avevo interpretato negli anni ’70, in quell’occasione facevo la ragazza…probabilmente però allora non avevo capito fino in fondo la grandezza e la potenza di questo testo. Oggi, ritrovarlo, avere l’opportunità di vestire il bellissimo ruolo della Signora Frolla, mi ha dato l’opportunità di penetrare meglio, più a fondo, questo grande scritto; con la maturità, posso apprezzarne le tante sfaccettature e soprattutto l’attualità e la modernità. Pirandello, tra i tanti meriti, ha anche quello di essere stato uno dei primi psicologi in grado di raccontare la società e l’animo umano, in tutte le sue vesti, attraverso la drammaturgia».

Si dice appunto che i grandi testi siano immortali perché raccontano il presente: in una società come quella odierna dove ognuno di noi ha la sua verità, non pensa che questa offra il fianco ad una deriva relativista priva di punti di riferimento?

«Avere più punti di vista è un bene a patto che lo scopo sia quello di ricercare una verità con la V maiuscola. Vede, credo che i tempi cambiano ma l’uomo non cambia e credo che Pirandello questo lo avesse già intuito e raccontato, anche con grande ironia. Quello che portiamo sul palco è in fin dei conti un grande gioco che ci racconta che, in fondo, la verità a cui tutti ambiamo, quella che diversi di noi pensano di avere in tasca, rimane alla fine inafferabile…il nostro lavoro finisce con la figlia che dice ‘Io sono colei che mi si crede’ e non a caso il titolo è “Così è (Se vi pare)”» .

Nella Sua entusiasmante carriera è riuscita a dividersi con identiche fortune tra cinema, teatro e tv: quale è la dimensione in cui si trova più a Suo agio?

«E’ una bella domanda…io parto dalla consapevolezza che non avrei potuto fare altro. Ho cambiato il mio orizzonte artistico dopo aver visto “La strada” di Fellini. Vivevo a Parigi dove ho studiato e lavoravo nella danza: dopo aver visto quel capolavoro ho sentito un richiamo forte e sono tornata in Italia. Le posso dire che da sempre io sono felice quando mi posso esibire, quando posso giocare a ritrovare e rincorrere dei mondi fantastici, un pò come fanno i bambini quando giocano con la fantasia… Le direi che, anche grazie alla folgorazione per Fellini, il cinema rimane per me il protagonista centrale, però quando mi trovo in teatro, quando ho la possibilità di confrontarmi con dei totem come Pirandello, sento di trovare il mio equilibrio. Le posso dire che ogni sera che salgo sul palco il testo mi si svela e mi mostra un nuovo dettaglio, una nuova sfaccettatura».

Nel corso della Sua carriera Lei si è dovuta misurare con un suo personaggio divenuto un’icona quale Pina Fantozzi, moglie del ragioniere più famoso dell’universo creato dalla fantasia di Paolo Villaggio; si è mai sentita schiacciata da questo ruolo?

«All’inizio un pò sì… c’è stato un periodo in cui un pò mi dispiaceva essere rinchiusa in una specie di schema ma con il tempo questa sensazione le posso dire che è svanita, anzi, sono molto grata alla saga di Fantozzi e a Paolo Villaggio con il quale ho imparato moltissimo e che sono felice di aver avuto l’opportunità di interpretare una delle sue maschere…fin dall’inizio mi disse che per interpretare Pina avrei dovuto mettere da parte le velleità di femminilità e prendere consapevolezza che eravamo dei cartoni animati e questo mi è servito moltissimo nel proseguo della carriera. E poi mi piace l’idea di cambiare, non fossilizzarsi in un solo carattere…oggi posso dire di essermi liberata di Pina Fantozzi sebbene le persone che mi parlano, mi sorridono, mi abbracciano, spesso si riferiscono alla Signora Pina….ma questo non mi dispiace affatto. Le posso anche dire che Paolo mi manca… anche se oramai il sodalizio artistico era terminato ci sentivamo ancora, ci legava un’amicizia sincera e la mia ammirazione nei suoi confronti era rimasta intatta».

C’è un personaggio che non ha ancora interpretato, in cui Le piacerebbe calarsi?

«Mah, non saprei… Le posso dire che mi piace interpretare dei ruoli dove il personaggio ha un carattere, dei colori forti, che possa tirare fuori questa parte giocosa che tutti abbiamo dentro di noi e che raramente abbiamo occasione di tirare fuori, ma al momento non mi viene in mente un personaggio preciso!»