Senigallia

Morti e infortuni sul lavoro: «Basta a questo stillicidio in nome del profitto»

"Potere al Popolo" di Senigallia critica la tendenza attuale a fare meno attenzione alle norme sulla sicurezza in nome del profitto e del precariato: uno stillicidio che continua giorno dopo giorno

I soccorsi all'operaio vittima di un infortunio sul lavoro a Senigallia
I soccorsi all'operaio vittima di un infortunio sul lavoro a Senigallia

SENIGALLIA – Tre operai feriti a Pescara del Tronto, due a Castelfidardo, uno a Senigallia, uno a Fano e uno ad Acqualagna. È il grave bilancio dei lavoratori feriti negli ultimi tre giorni che solo per fortuna non si sono trasformati in decessi. Episodi che hanno fatto scattare le polemiche, ancora una volta, per le norme sulla sicurezza poco seguite dalle aziende e spesso nemmeno al centro dei controlli.

La Cgil era intervenuta immediatamente dopo l’episodio di Senigallia, quando un giovane operaio era stato travolto da tre spesse e pesanti lastre di vetro che costituiscono la barriera antirumore che costeggia la ferrovia.

Alle sue frasi di indignazione per le condizioni della classe operaia si aggiunge la posizione fortemente critica di Potere al Popolo Senigallia: «Il bilancio, come se fossimo in guerra, fa impressione ma non basta: da più parti, politica compresa, sentiremo partire il solito disco sull’accertamento delle responsabilità, delle indagini, ma la verità è nota a tutti, anche a quella politica impegnata in strampalati accordi e scaramucce. Non si può parlare di casualità, perché in nome del profitto si possono tagliare le misure di sicurezza, si può subappaltare un lavoro a un’azienda che tratta ancora peggio i suoi dipendenti, si possono costringere i lavoratori a orari massacranti che minano la loro attenzione e la loro stessa vita».

I numeri infatti sono in crescita: nel 2017 i morti sul lavoro sono stati oltre mille mentre gli infortuni sul lavoro sono circa un milione. Numeri ma anche vite, anzi, morti e feriti a cui la politica non riesce a dare risposte concrete. Da un lato c’è la crisi che ha impoverito migliaia di famiglie costringendo ad accettare qualsiasi condizione di lavoro; dall’altro c’è chi specula su questo bisogno di lavorare mettendo a repentaglio la vita degli stessi lavoratori, quasi fossero carne da macello, in uno stillicidio continui giorno dopo giorno.

«Nonostante questo quadro raccapricciante, si continua a parlare di flessibilità; ci si ripete, anzi lo si inculca alle giovani generazioni, che bisogna essere flessibili. A volte, poi, capita che qualche lavoratore, fin troppo flessibile, si spezzi e allora si riattacca con le solite frasi di prammatica buone per tutte le stagioni. Oltre al solito cordoglio ipocrita buona parte della politica ci propina, senza alcuna vergogna, le solite fandonie sugli immigrati, che vengono nel nostro paese a lavorare per un tozzo di pane e così ci rubano il lavoro. Favoletta buona per tutte le stagioni che attecchisce sugli strati più impauriti della popolazione e che garantisce a chi la propina un altro giro nei vari organi istituzionali, con lauto stipendio annesso, si capisce. Un bilancio di guerra, una guerra alla quale non vogliamo partecipare».