SENIGALLIA – L’arrivo della variante Omicron, molto più contagiosa delle precedenti ma meno letale, ha spinto la pandemia in una fase di transizione: alcune nazioni hanno scelto di abrogare buona parte delle restrizioni in vigore, altre hanno deciso di inasprirle. È il caso dell’Olanda dove il premier Mark Rutte ha optato per il lockdown che perdura oramai dallo scorso 19 dicembre: negozi non essenziali, bar, ristoranti (tranne l’asporto), palestre, parrucchieri, locali pubblici e scuole sono chiuse e gli unici eventi permessi sono i funerali, i mercati agricoli settimanali e gli eventi sportivi senza spettatori. Solo negli ultimi giorni si stanno registrando dei tenui allentamenti che lasciano comunque intravedere la luce in fondo al tunnel. Abbiamo chiesto di raccontarci questo particolare periodo a Justine Tempesta, senigalliese, che da giugno del 2021, per motivi personali, si è trasferita a Rotterdam. Ecco l’intervista rilasciata per noi di CentroPagina.
Ti sei trasferita in Olanda, più precisamente a Rotterdam da circa 6 mesi: quale è stato il tuo impatto con la città e con i suoi abitanti? Quale è la cosa che ti ha più colpito e le differenze più marcate rispetto alla tua vita in Italia?
«Con Rotterdam è stato “amore a prima vista”: una città eclettica, multiculturale, dove il “nuovo” viene accolto con grandissimo entusiasmo. Una città che architettonicamente vanta alcune tra le opere più all’avanguardia e interessanti d’Europa. Una città che ha saputo rinascere e imporre la sua identità economica e commerciale, anche dopo il grande e doloroso impatto subito dalla seconda guerra mondiale, che l’ha quasi completamente rasa al suolo. Non conoscevo Rotterdam né tantomeno l’Olanda prima di questa esperienza, ma l’impatto avuto sin dall’inizio è stato assolutamente positivo: ho avuto la fortuna di imbattermi in un popolo educato e disponibile, sempre pronto al dialogo e a supportarti in caso di necessità. Un popolo abituato ad accogliere e ad integrare; una città che non ti fa sentire “estraneo” sebbene tu provenga anche da zone geograficamente ubicate dall’altra parte del globo terrestre, con abitudini e usanze molto distanti da quelle locali. I Paesi Bassi vantano infatti un sistema di integrazione e di supporto agli stranieri che è assolutamente encomiabile, a partire dal sistema scolastico (sto vivendo in prima persona questa esperienza tramite mio figlio di 10 anni) fino all’ambito lavorativo. Altro elemento importantissimo, soprattutto per chi non conosce la lingua autoctona (piuttosto articolata e complessa), è la possibilità per noi expat di poter gestire la quotidianità, dagli aspetti più semplici a quelli più delicati come quelli sanitari o burocratici per esempio, tramite l’inglese: tutti qui parlano perfettamente la lingua britannica, è possibile infatti affermare che si tratta di un popolo bilingue».
Purtroppo la Pandemia ed il Covid-19 sono tornati ad essere l’argomento principe: in Olanda nonostante il lockdown pre natalizio i contagi continuano a crescere in maniera esponenziale. Questa settimana il governo sarà chiamato a decidere sull’estensione o sull’allentamento del lockdown: quali sono le strategie che saranno adottate?
«Si, anche qui come nel resto d’Europa, i contagi sono in veloce crescita, ma fortunatamente per la situazione ospedaliera (ricoveri e terapie intensive) non stanno impattando pariteticamente sul sistema. A conferma di ciò il governo sta gradualmente allentando “la morsa delle restrizioni” riattivando in maniera progressiva tutte le attività, riportando piano piano il sistema e la società alla normalità. Il settore probabilmente più colpito, anche in questo contesto, è quello dell’HoReCa che è attualmente ancora bloccato e soggetto alle restrizioni previste durante il lockdown natalizio.
In ambito lavorativo, i collaboratori sono invitati a non frequentare gli uffici se non per ragioni strettamente necessarie e a lavorare, laddove possibile, in home office. Relativamente alla gestione delle persone contagiate e positive, qui abbiamo una modalità che definirei più basata sul buon senso del singolo cittadino: non occorre infatti il “tampone d’uscita” come in Italia, ma dopo un periodo di almeno 8 giorni, e in assenza di sintomi, è possibile ritornare alla normalità e quindi uscire dalla quarantena senza necessità di alcuna certificazione, con l’invito di gestire contatti e relazioni personali in modo responsabile».
Nonostante l’85% dei cittadini vaccinati, l’Olanda è stato il primo Paese in Europa a chiudersi di nuovo del tutto di fronte alla quarta ondata. I media imputano la causa di questa nuova ondata al ritardo nella campagna di vaccinazione per la terza dose e al mancato rispetto delle misure di distanziamento sociale e l’utilizzo obbligatorio della mascherina nei luoghi chiusi e affollati. Che idea ti sei fatta?
«Con il mio trasferimento qui in Olanda avvenuto in piena stagione estiva, ho da subito notato la differenza tra la mia nazione di appartenenza e la nuova realtà con cui “stavo facendo conoscenza”: l’estate trascorsa qui in Olanda è stata davvero un “ritorno alla normalità”, un respiro di vita che dal 2020 non avevo più avuto l’opportunità di godere.
È vero che la mascherina era diventata un accessorio di cui potersi dimenticare, ma altrettanto vero è il senso civico ed il rispetto delle regole degli abitanti di questa nazione: il distanziamento nei locali e nelle file, come pure in tutti gli esercizi pubblici, è stato sempre presente. L’unico errore di valutazione che si può effettivamente imputare è stata la riapertura temporanea dei club e delle discoteche che però, a seguito del primo picco di contagi avvenuto a luglio, son state subito richiuse, riportando in tempi brevi la situazione alla normalità. I casi hanno poi cominciato a crescere velocemente dalla seconda metà di ottobre, ma immediatamente il governo è corso ai ripari iniziando a riattivare diverse restrizioni, fino ad arrivare al lockdown preventivo effettuato in occasione delle festività natalizie: dal 20/12 al 14/1 infatti, la nazione è stata messa in lockdown completo per cercare di limitare al massimo i “danni” conseguenti all’entusiasmo delle festività, al contempo è stata anche data una forte accelerazione alla somministrazione del “booster” (così chiamano la 3^ dose). Dal mio punto di vista in definitiva, quando la situazione ha consentito di attuare un regime “più rilassato” è stato permesso ai cittadini di vivere la quotidianità in maniera quanto più possibile normale (nell’accezione più vera del termine), nel momento in cui poi c’è stata un’esigenza diversa dettata dalle circostanze e dall’evolversi delle dinamiche legate alla gestione della pandemia, il governo è stato immediatamente reattivo ed efficace nell’attuazione delle misure necessarie al contenimento».
Che impatto ha avuto il Covid-19 sull’economia del paese? E come è cambiato, se è cambiato, il modo di vivere nel paese?
«L’economia olandese nel 2021 ha registrato una contrazione del 4 % in meno rispetto all’anno precedente, questo ha ovviamente risparmiato alla nazione una profonda crisi come conseguenza della pandemia tutt’oggi in corso.
Ciò si è reso possibile soprattutto grazie al modello economico dei Paesi Bassi, focalizzato prevalentemente sui servizi più che sulla produzione. Da non sottovalutare inoltre, l’ottima infrastruttura digitale di cui gode la nazione che ha supportato e sostenuto non solo il lavoro in smart working, ma ha anche permesso il nascere e l’evolversi di una nuova modalità di concepire gli acquisti e lo shopping per esempio tramite il sistema “click&collect”: molti esercizi commerciali, dal nascere della pandemia, hanno attivato questa modalità di vendita, consentendo alle persone di ordinare online per poi procedere al ritiro della merce direttamente nel proprio negozio, quando non vogliono farselo portare direttamente a casa. Questo ha permesso ovviamente agli esercenti di mantenere viva la propria attività, riducendo inoltre la disoccupazione legata alla mancanza di lavoro conseguente ai lockdown. Ovviamente settori come quello dell’HoReCa e dei servizi alla persona (quali parrucchieri, estetisti etc..) sono a tutt’oggi messi a dura prova, ma di contro, i servizi tra le aziende continuano a funzionare, grazie all’alto tasso di digitalizzazione del paese.
I Paesi Bassi inoltre sono molto concentrati su servizi che vengono esportati e offrono numerosi posti di lavoro, come quelli finanziari, di consulenza e nell’ingegneria, e questo ha giocato un ruolo fondamentale nell’attenuare i danni economici legati alla pandemia in corso».
Come viene percepita da Rotterdam l’attuale situazione dell’Italia in termini di gestione dell’emergenza e di utilizzo dei greenpass?
«Gli Olandesi sono prevalentemente concentrati sulle proprie dinamiche e sulla gestione delle questioni interne, quindi non si esprimono particolarmente a riguardo. Per la mia esperienza e per i contatti che ho avuto, non si addentrano sulle questioni estere relative alla gestione della pandemia, mentre sono molto più focalizzati ed attenti alle evoluzioni interne della questione».