Si è concluso poco fa l’interrogatorio di garanzia di Loris Pasquini, il 72enne che lunedì scorso 29 marzo, al culmine di una violenta lite nella sua abitazione a Roncitelli di Senigallia, ha sparato un colpo di pistola al figlio Alfredo, 26enne, uccidendolo. L’uomo, che si trova al momento rinchiuso nel carcere di Montacuto di Ancona con l’accusa pesantissima di “omicidio volontario aggravato dal vincolo di parentela”, stamattina in modalità telematica dal carcere è stato sentito dal Gip Sonia Piermartini per l’interrogatorio di garanzia.
Il pensionato, difeso dall’avvocato Roberto Regni del foro di Ancona, si è mostrato determinato a rispondere a tutte le domande che gli sono state poste e ha ribadito, con coerenza e convinzione, la stessa versione fornita ai Carabinieri del Comando provinciale e al Pm nell’immediatezza del fatto: «se non gli avessi sparato, mi avrebbe ucciso a bastonate, erano sette anni d’inferno». Ex funzionario presso le Ferrovie dello Stato e un passato come ufficiale di complemento nell’Esercito (era stato tenente dell’82esimo Reggimento Aviotrasportata della Divisione Folgore a Trieste), Pasquini dal 2018 si occupava stabilmente del figlio Alfredo, un ragazzo problematico con difficoltà psichiche tanto da essere seguito dal Centro di Salute mentale di Senigallia.
La sua vita, come ha dolorosamente ammesso il padre, era stata segnata anche dalla droga. «Ma non avevo intenzione di ucciderlo, ho mirato alle gambe e penso di averlo colpito all’altezza dell’inguine», ha ribadito, escludendo la possibilità che quell’unico colpo esploso da una pistola Beretta calibro 9 (illegalmente detenuta dallo stesso, poiché il suo porto d’armi per caccia gli era stato ritirato anni fa e i fucili sequestrati, a seguito della denuncia della ex moglie e madre di Alfredo di maltrattamenti e violenza) avesse raggiunto il figlio alla base del collo. Invece, come riscontrato dall’esame autoptico condotto dal medico legale Raffaele Giorgetti martedì, il proiettile ha colpito il ragazzo alla base del collo provocandogli un’emorragia che è stata la causa del decesso.
«No, non è possibile che lo abbia colpito al collo», ha detto più volte il padre, convinto di aver mirato in basso, più per fermare l’aggressione (era in corso una violenta colluttazione e il figlio impugnava un bastone lungo circa un metro) e spaventare il figlio, che per ferirlo. Il Gip dovrà dunque stabilire la veridicità delle sue affermazioni, anche in relazione all’esito complessivo dell’autopsia, che oltre ad accertare la causa del decesso dovrebbe svelare anche l’angolazione e la distanza del colpo di pistola, così da permettere una ricostruzione oggettiva della dinamica dello sparo. L’avvocato Roberto Regni, nel chiedere l’applicazione della misura degli arresti domiciliari, ha anche richiesto una perizia psichiatrica per valutare la reale capacità di intendere e di volere di Pasquini soprattutto al momento dell’omicidio, vista la grave situazione di pericolo in cui l’uomo e la sua compagna (al momento non indagata) si trovavano, con il figlio fuori di sé che brandiva il bastone e che lo aveva già usato per malmenare il genitore. Il Gip si è riservato e forse nel pomeriggio sarà notificata la decisione. Intanto Loris Pasquini resta in carcere. Forse sabato prossimo saranno celebrati a Senigallia i funerali di Alfredo.