SENIGALLIA – L’omofobia esiste e serve una legge per tutelare le persone. Lo ha sostenuto Ercole Moroni, il fiorista delle star, che ha ottenuto, da un incontro con il sindaco di Senigallia Massimo Olivetti, la netta condanna da parte del primo cittadino per ogni posizione omofoba e comportamento discriminatorio. Anche se proviene dalla sua stessa maggioranza politica.
Una presa di posizione quella di Olivetti che viene resa nota però solo su richiesta e a quasi venti giorni dal post contro il ddl Zan del consigliere di Fratelli d’Italia Marcello Liverani. Sui social era riportata la seguente frase: «Se passa il ddl Zan, la prossima mossa del neoliberismo sarà quella di farvi accoppiare pure con gli animali». E giù una valanga di critiche e polemiche per un’espressione carica di omofobia.
Dopo la bufera che aveva costretto lo stesso consigliere FdI a chiudere tutti i profili social, però, le acque si erano calmate e nessuno aveva ufficialmente preso posizione contro la frase incriminata. Mentre Liverani continuava a giustificarsi sostenendo che fosse solo una battuta, nessuno dall’amministrazione comunale ha ritenuto opportuno prendere le distanze.
Ci ha pensato allora Ercole Moroni, noto fiorista che ha prestato servizio per molti vip, compresi i reali inglesi. Da lui è partita la richiesta di un incontro con il sindaco Olivetti: «È stato un colloquio schietto e franco – ha affermato il primo cittadino di centrodestra – durante il quale ho ribadito la mia posizione e quella dell’intera amministrazione come contraria ad ogni forma di omofobia e contro ogni forma di discriminazione».
Soddisfatto, Moroni ha parlato di «un primo passo avanti. Lasciamo la politica da parte e approviamo leggi che tutelino tutti. L’ignoranza non va mai giustificata. L’omofobia non è un’opinione è violenza e discriminazione, violando la dignità umana, principio di eguaglianza. Uniamoci per sconfiggere chi vuol essere al centro dell’attenzione e facciamo passare una legge che ci tuteli con pene gravissime. Spero che molti facciano sentire le proprie voci, perché le parole contano, fanno male, offendono».