SENIGALLIA – Se la direzione di tutte le unità operative complesse è a Fabriano, Jesi e Ancona, se l’Utic verrà smantellata, cosa rimarrà a Senigallia? Nella migliore delle ipotesi, un ospedale di base dove rivolgersi nell’emergenza perché il paziente venga stabilizzato e poi trasferito negli ospedali di primo livello; nel peggiore dei casi non rimarrà nulla.
È questo il quadro, drammatico, che disegna il “Comitato Cittadino a difesa dell’ospedale di Senigallia” su lento ma progressivo declassamento del nosocomio della spiaggia di velluto. Declassamento contro il quale il comitato sta raccogliendo centinaia e centinaia di firme, così come altre tremila sono state raccolte da un secondo comitato costituitosi sempre a Senigallia per lo stesso motivo.
«Qual è il piano aziendale dell’Area Vasta 2 in cui insistono gli ex ospedali di rete di Osimo, Jesi, Fabriano e Senigallia? Qual è il piano aziendale del direttore Maurizio Bevilacqua? Perché spostare Uoc da Senigallia a Fabriano dove fino a poco fa si parlava di chiudere il reparto in barba a criteri come il bacino di utenza, lo storico, l’appropriatezza dei ricoveri?».
Al centro dell’attenzione del Comitato Cittadino a difesa dell’ospedale di Senigallia ci sono anche le questioni dei macchinari obsoleti o rotti che coinvolgono la radiologia e la carenza di organico ormai cronica che interessa il laboratorio analisi: questioni che causano molteplici disservizi per l’ospedale e per l’intera città, i cui abitanti sono costretti a ricorrere alle strutture private. E tutto ciò avviene in assenza di una programmazione sanitaria lungimirante, considerato che quelle precedenti sono state disattese: quelle in cui Senigallia manteneva unità complesse, primari, servizi e prestigio.