SENIGALLIA – «Siamo contenti che un assessore regionale sia venuto a Senigallia per vedere in quale situazione versi l’ospedale cittadino, ma non vorremmo che si trasformasse nella solita passerella. Alle parole devono seguire fatti e noi chiediamo certezze sul futuro del Principe di Piemonte perché a nessuno serve una struttura bella se manca il personale e non possono essere erogati i servizi». A parlare così è Umberto Solazzi, coordinatore del Tribunale del Malato “C.Urbani” di Senigallia, che interviene dopo la visita di lunedì 5 luglio dell’assessore regionale Francesco Baldelli al nosocomio di via Cellini.
Durante il sopralluogo, accompagnato dal sindaco Massimo Olivetti, dall’assessore ai servizi alla persona Cinzia Petetta e dal presidente del consiglio comunale Massimo Bello, Baldelli ha parlato di interventi di edilizia ospedaliera per evitare che le strutture non a norma debbano essere chiuse. «Noi – interviene Solazzi – avevamo sempre detto che c’era il rischio di chiusura per l’ospedale di Senigallia, ma siamo stati etichettati come gufi o Cassandre. E invece si viene a sapere da un post su facebook che era tutto vero».
C’è però anche tutta la parte sanitaria che preoccupa, e non poco, il responsabile senigalliese del Tribunale del Malato, nonostante la recente nomina di tre nuovi primari: «Era il minimo che potessero fare. Da tempo lamentavamo il problema, così come da tempo denunciamo che c’è una carenza preoccupante di personale. Ma è con le truppe, e non solo coi generali, che si vincono le guerre». Personale all’osso al pronto soccorso, che si appresta ad affrontare con pochi medici il consueto aumento della popolazione d’estate, così come al laboratorio analisi dove si è passati negli ultimi anni da circa 150/200 esami al giorno ai 20 attuali. Carenze di medici e tecnici si registrano anche all’unità di radiologia, a otorinolaringoiatria e al centro trasfusionale. «In tanti denunciano al Tribunale del Malato – continua Solazzi – le inefficienze del presidio ospedaliero senigalliese».
Altro nodo, secondo il TdM, è la riorganizzazione che ha visto Fabriano divenire sede centrale della direzione generale dell’area vasta 2 e della direzione medica; Ancona sede centrale della direzione amministrativa; le politiche del personale sono divise in due sedi a Fabriano e Jesi. Sempre Jesi è divenuta la sede dell’area infermieristico-ostetrica, del provveditorato (area logistica) e del patrimonio, mentre l’ingegneria clinica è condivisa con Fabriano. E ancora: la sede centrale della diagnostica per immagini è divenuta Jesi, così come per la patologia clinica (i laboratori analisi). A Senigallia è rimasta solo l’unità semplice dipartimentale della farmacia nonostante sia la seconda città della provincia e la quinta della regione e nonostante in estate raddoppi la popolazione. «Sulla carta, l’Utic senigalliese è ancora solo riabilitativa, non cardiologica», ricorda Solazzi.
«È tutto frutto delle contestate determine, tra cui la 742 del 31 dicembre 2019 che depotenziano le Uosd lasciandole senza più autonomia gestionale, senza un referente e senza un proprio budget. Inutile quindi ogni ristrutturazione se poi si perdono i servizi. A questo punto le amministrazioni – quella comunale e quella regionale – devono muoversi, dato che quelle precedenti non hanno portato nulla di buono per la nostra città, anzi. Qui non si tratta di colore politico, ma di impegnarsi perché Senigallia non debba dipendere da Fabriano o Jesi. Si tratta – conclude – di rispettare quanti li hanno votati credendo nel cambiamento».