Senigallia

Ostra, la scelta no-Ogm del mangimificio Mariani: «100% di cereali italiani e non geneticamente modificati»

«Il mangime buono lo fanno i componenti buoni. Il grosso lusso per il futuro sarà sapere con certezza quello che si mangia: “noi scegliamo il meglio per i nostri mangimi, tu scegli il meglio per i tuoi animali” è la filosofia che seguiamo»

Ostra, la scelta no-Ogm del mangimificio Mariani: «100% di cereali italiani e non geneticamente modificati»
Ostra, la scelta no-Ogm del mangimificio Mariani: «100% di cereali italiani e non geneticamente modificati»

OSTRA – Cinquantadue anni di attività che affondano le radici in una lunga storia familiare, una proiezione costante verso il futuro, l’innovazione del prodotto, il miglioramento del servizio. E una scelta convinta e determinata, fatta a cavallo delle celebrazioni per il 50° anniversario della nascita del mangimificio Mariani: puntare solo ed esclusivamente sulla produzione e commercializzazione di mangimi no-Ogm, realizzati con l’impiego del 100% di cereali italiani e non geneticamente modificati. «Una linea completamente no-Ogm, introdotta da tre, quattro anni ed evidenziata, in occasione dei 50 anni dell’attività, con la realizzazione del nuovo packaging aziendale – spiega Simone Mariani legale rappresentante dell’azienda – “noi scegliamo il meglio per i nostri mangimi, tu scegli il meglio per i tuoi animali”: è quello che abbiamo voluto scrivere e far risaltare sui nostri sacchi. Ed è pienamente l’indirizzo che abbiamo scelto di abbracciare e mantenuto».

Racconta Mariani: «Produciamo mangimi no-Ogm, 100% vegetali: non utilizziamo farine di carne e grassi di derivazione animale ma solamente  oli di soia o da vegetali, non usiamo antibiotici sintetizzati artificialmente in laboratorio, usiamo soltanto prodotti naturali a base di aglio, yucca, oli essenziali. E poi il 100% di cereali italiani».

Come è nata questa scelta così netta?

«Prima di farla, tenevamo una doppia linea, Ogm e no-Ogm. Abbiamo iniziato a notare però che dagli allevatori con i quali collaboriamo aumentava la richiesta per una linea no-Ogm e abbiamo pensato che anche a livello di rivendita poteva essere la strada giusta da prendere, sia per puntare ad una qualità sempre più alta sia per differenziarsi nel prodotto dagli altri».

Quale la risposta del settore?

«All’inizio c’è stata e in parte c’è ancora una certa resistenza da parte dei rivenditori, legata al costo del prodotto. D’altro canto ci sono stati periodi in cui tra soia Ogm e no-Ogm la differenza poteva essere anche di 10-15 euro al quintale. Personalmente ho sempre pensato che, sulla differenza a mangime finito, avrebbe giocato anche un altro fattore di sensibilità, in crescita su certi temi, specie da parte dei più giovani, che oggi vedo consigliare ai padri o ai nonni di indirizzarsi sulla scelta di un prodotto no-Ogm. E ora si inizia ad apprezzarlo. D’altro canto, se il prodotto che hai è migliore, allora puoi anche giustificare il qualcosa in più a livello di prezzo. I nostri mangimi comunque rimangono sempre concorrenziali con gli altri ogm perché la nostra dimensione ci permette di gestire al meglio i costi di produzione. Quindi più qualità allo stesso costo, anzi il più delle volte ad un costo inferiore».

Che significa scegliere un mangime no-Ogm?

«In Italia oggi l’85% dei mangimi è Ogm. Per produrli si utilizzano cereali come soia e mais. Nessun problema se parliamo di cereali italiani: in Italia, per legge, le colture Ogm non possono essere coltivate. Ma il mais importato e la soia importata sono principalmente ogm. Per la soia l’Italia è il primo produttore europeo, riuscendo però a coprire solo il 30% di quello che è il fabbisogno del Paese, dunque siamo importatori dall’estero. E il 90% della soia coltivata al mondo è Ogm, geneticamente modificata».

Gli Ogm, spiega la Direttiva europea 2001/18, sono organismi “il cui materiale genetico è stato modificato in modo diverso da quanto avviene in natura, con l’accoppiamento e/o la ricombinazione genica naturale”. Cosa implica e cosa comporta in questo settore?

«Le colture Ogm presentano alterazioni del Dna, pensate per raggiungere determinati livelli di resistenza agli insetti ma soprattutto al più potente che c’è degli erbicidi, il glifosato, così che lo si possa spruzzare nei campi ed eliminare gli infestanti senza danneggiare il raccolto. Il punto è che nel tempo anche gli infestanti hanno sviluppato le loro resistenze, di conseguenza si sono dovuti aumentare i dosaggi col rischio concreto di finire per lasciare dei residui sulle colture. Residui che comunque rientrano nei limiti consentiti dalle norme. Il mio ragionamento è: come mi comporterei se dovessi scegliere un mangime da far consumare ai miei animali, di cui finirei per utilizzare ad esempio le uova? La mia risposta è: sceglierei un mangime no-Ogm, dove quasi sicuramente non c’è traccia di glifosato .Questo è il principio che seguiamo».

Di che animali e di che tipo di clientela parliamo?

«Animali da cortile, polli, conigli, galline e poi vitelloni, suini, cavalli. Ci rivolgiamo a piccoli e medi allevatori ma collaboriamo anche con stalle che si rivolgono a noi per i nostri prodotti fioccati».

Cosa ha comportato questa scelta per il vostro modo di lavorare?

«Per certi versi ci ha semplificato il lavoro. Con un’ unica produzione no-Ogm è stato eliminato ogni problema di possibili contaminazioni tra i due prodotti. Non c’è contatto tra Ogm e no-Ogm, non c’è da ricorrere a produzioni intermedie. I cereali, come detto, sono nazionali: soia, mais, orzo, favino, sorgo, provengono anche dalle campagne della zona. All’entrata dell’azienda provvediamo io e mio fratello al controllo qualità immediato sia sensoriale che analitico, in quanto  sono diverse le soglie di verifica. Ci rivolgiamo a fornitori conosciuti, collaudati, con i quali c’è un rapporto di continuità e siamo a nostra volta soggetti a tutti i controlli ufficiali».

Risultati?

«Il mangime buono lo fanno i componenti buoni, e noi li usiamo. Il grosso lusso per il futuro sarà sapere con certezza quello che si mangia. Noi siamo partiti, è una maniera di andare incontro alle richieste che ci arrivano anche da un certo ricambio generazionale nel settore. Certo, la politica dovrebbe valorizzare i prodotti di qualità che arrivano dal mondo dei piccoli e medi allevatori che invece si trovano a non avere un adeguata remunerazione rispetto al livello che effettivamente garantiscono. Inoltre, per fare scelte di qualità e salute, serve la sensibilità anche di chi acquista.  Ad esempio, ci sono studi che evidenziano riflessi dei prodotti Ogm sull’ indice di fecondazione dell’uovo di gallina o su maggiori infiammazioni o irritazioni che possono colpire la mammella della vacca da latte o l’intestino dei suini. Occorre allora guardare avanti: al maggior benessere degli animali che sono un patrimonio di chi li alleva, ad un consumatore sempre più attento.».

Voi vi state muovendo?

«Nelle confezioni, anche per motivi di normative, siamo passati ai sacchi da 20 chili invece che da 25. Stiamo attivando la vendita online del prodotto e, anche se ci sono questioni da affrontare e superare come la gestione ottimale della logistica, vedo che c’è però molto interesse. Siamo passati agli imballaggi tutti di carta, che per salubrità e modo di far respirare il prodotto, sono tutt’altra cosa rispetto alla plastica. Da gennaio dello scorso anno, in un’ottica di sostenibilità ambientale, abbiamo anche attivato un fotovoltaico agri-solare da quasi 150 chilowatt con cui riusciamo a coprire una buona fetta del nostro fabbisogno».

Come vede il futuro?

«Mi auguro che ci sia un ritorno dei giovani alla campagna, che possano riscoprire la fortuna di stare a contatto con la natura e con gli animali. Riuscire a prodursi del cibo in autonomia sapendo esattamente come è stato realizzato, è un lusso adesso ma lo sarà ancora di più in futuro, sia per il benessere fisico che mentale. ‘Noi siamo quello che mangiamo’ diceva il filosofo Ludwig Feuerbach. Ciò che viene introdotto nel nostro organismo non influenza soltanto il corpo ma anche i processi energetici, psicologici e spirituali. Migliorare l’alimentazione può quindi migliorare la vita. Mi auguro che anche il consumatore che acquista al negozio, abbia l’abilità di saper riconoscere, per poi preferirli, quei prodotti della zona che provengono da allevatori che di qualità ne fanno veramente. Vi posso garantire che qui nelle Marche ci sono allevatori che fanno prodotti di altissima qualità e questi sono un patrimonio importante per la nostra regione».