OSTRA VETERE – Innovazione, semplificazione, risparmi e opportunità. Sono questi i capisaldi che hanno spinto il sindaco Luca Memè e la maggioranza consiliare di Ostra Vetere ad approvare, durante il consiglio comunale del 22 dicembre, la partecipazione all’unione dei comuni denominata “Le Terre della Marca Senone”.
La decisione era stata anticipata dall’appello di Montenovo Nostro, l’associazione politico-culturale facente riferimento all’opposizione che chiedeva di fermare l’iter e di indire prima un referendum per ascoltare il parere dei cittadini prima di intraprendere una strada importante quale quella dell’unione dei comuni.
Le motivazioni di tale contrarietà erano da ricercare nel fatto che il percorso istitutivo fosse «stato troppo frettolosamente approntato e imposto senza valutare appieno costi e benefici, e soprattutto i danni che esso produrrà, purtroppo irreversibilmente».
Non si è fatta attendere la replica della maggioranza che in una nota ha spiegato le sue ragioni del “sì” a questa specie di fusione, solo nei servizi, tra sette comuni della vallata del Misa e Nevola. Il “sì” verso l’unione dei comuni è stato scelto «per dotare il nostro territorio ricco di cultura e di eccellenze di uno strumento amministrativo efficace e innovativo, in grado di offrire migliori servizi, risparmio della spesa, maggiori investimenti, nonché semplificazione della macchina amministrativa. È importante sottolineare che si tratta di servizi e non di funzioni, per una gestione condivisa con altri. Un esempio concreto già in atto di tale gestione condivisa è quello dei servizi sociali, la cui convenzione è in prossimità di scadenza e che sarebbe impossibile pensare di gestire singolarmente».
Tra i punti più critici c’era lo spauracchio di diventare una periferia di Senigallia, essendo poi condizionati nelle scelte amministrative dal comune capofila del progetto che conta da solo più della metà degli abitanti dell’unione dei comuni: «Siamo stati accusati del fatto che saremo condizionati da Senigallia nelle future decisioni. In modo netto e categorico ribadiamo che non sarà assolutamente così! Non c’è nessuna fusione e dirlo significa essere in malafede. Su questo punto i gruppi di minoranza hanno dimostrato parecchia confusione».
Diversi gli emendamenti presentati poi dalla minoranza i quali, secondo la maggioranza, sarebbero stati privi di proposte alternative per superare le criticità che i piccoli centri attualmente vivono. L’unico dato certo è che a livello legale ogni Comune mantiene intatta la propria autonomia.
Tra le criticità emerse c’è infine quella della scadenza elettorale, troppo vicina secondo l’opposizione per prendere una decisione così rilevante. «Ribadito che non si tratta di fusione e quindi non perderemo minimamente la nostra autonomia, non abbiamo sempre manifestato nelle pubbliche assemblee la nostra volontà di associazionismo e collaborazione con altri enti? E poi, rimanere da soli e non aderire non sarebbe stata già di fatto una scelta? Che avrebbero detto se fossimo rimasti fuori? Che non abbiamo capacità di aprirci e che non sappiamo confrontarci con i nostri vicini? Che ne siamo succubi e abbiamo paura? Potremmo continuare con altre ipotesi, ma la verità è un’altra e non cambierebbe: sanno bene anche loro che questa è la decisione più giusta per il futuro della nostra comunità e che non potevamo perdere questo treno, ma vogliono cogliere l’occasione per iniziare la campagna elettorale».