CORINALDO – «Sono liberissimi di fare qualsiasi iniziativa, ma non posso non stigmatizzare questa volontà di sfruttare l’onda lunga di notorietà che arriva dalla tragedia della Lanterna Azzurra». A parlare così è Fazio Fabini, il papà che l’8 dicembre 2018, nella discoteca corinaldese, perse la propria figlia Emma, di appena 14 anni.
Proprio oggi ha inizio il campus “Be Your Hero” che fino al 6 giugno prevede attività sportive, artistiche e di dialogo tra giovani adolescenti e maturandi. Proprio a Corinaldo, luogo ormai noto per la tragica notte di oltre due anni fa in cui persero la vita cinque ragazzi – Asia Nasoni ed Emma Fabini, 14 anni, di Senigallia; Benedetta Vitali, 15enne di Fano; Mattia Orlandi, 15enne di Frontone; Daniele Pongetti, 16 anni, di Senigallia – e la mamma senigalliese di 39 anni Eleonora Girolimini, che morì riuscendo però a salvare la figlia dalla calca fatale.
Tre giorni fa c’è stata la presentazione del progetto “Be Your Hero” che mira a far superare le difficoltà fisiche e psicologiche, a sviluppare una maggior consapevolezza e sicurezza di sé per affrontare le sfide che la vita pone davanti. Un progetto sulle cosiddette soft skills che vede il Comune di Corinaldo e la Provincia di Ancona sostenuti dall’Unione delle province italiane, dal dipartimento delle politiche giovanili della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dall’Agenzia Nazionale Giovani.
Durante la spiegazione delle finalità del progetto c’è stata la sottolineatura da parte di Lucia Abbinante, direttrice generale dell’Agenzia Nazionale per i Giovani, e di Alessia Tripaldi di Sineglossa, coordinatrice del progetto, di come si sia scelto Corinaldo per ripartire, per reagire a quella tragedia che ha scosso l’intero paese.
«Io non ho niente contro l’iniziativa né contro Corinaldo o contro il Comune, cerco di rimanere fuori dalle polemiche – spiega Fazio Fabini – ma in alcuni momenti non posso esimermi dall’intervenire: lo faccio per rispetto a mia figlia e alle altre vittime. Sarà la giustizia a dire se e chi è colpevole per la tragedia avvenuta alla Lanterna Azzurra, ma in questo momento, con alcuni amministratori a processo, sarebbe forse meglio tenere un basso profilo. Sarebbe il segnale di un maggior rispetto delle vittime, soprattutto da parte del Comune che ha permesso per anni l’utilizzo come discoteca di un capannone agricolo. Quello che noi e le altre cinque famiglie stiamo passando non può divenire un traino per le manifestazioni».