Senigallia

Senigallia: Pd critico, Mangialardi replica. «Le primarie erano state indette»

L’ex sindaco: «Ci dobbiamo rimboccare le maniche e cominciare un percorso difficile dopo una sconfitta storica per la città di Senigallia. Significa partire dagli errori, che evidentemente sono stati commessi»

Maurizio Mangialardi
Maurizio Mangialardi

SENIGALLIA – «Condivido l’impostazione e rispetto l’analisi fatta dal Partito Democratico. Ci dobbiamo rimboccare le maniche e cominciare un percorso difficile dopo una sconfitta storica per la città di Senigallia. Il che significa partire dagli errori, che evidentemente sono stati commessi». Sono le parole di Maurizio Mangialardi, attuale capogruppo in consiglio regionale, per commentare la riflessione condivisa da alcuni esponenti del Partito Democratico cittadino con gli iscritti e i simpatizzanti. Riflessione in cui si analizzano gli errori che hanno contraddistinto gli ultimi periodi, non solo quello elettorale, e che hanno portato poi alla sconfitta alle urne.

«Oggi, alla luce del percorso fatto, possiamo dire che le primarie sarebbero state determinanti – commenta l’ex sindaco di Senigallia – non solo per la fiducia dell’elettorato ma anche per l’esito delle votazioni». Il distacco dell’ex assessore Gennaro Campanile, che ha creato una sua formazione Amo Senigallia, ha davvero creato scompiglio nel Pd cittadino e alla fine dei conti, quei 2377 voti (pari a circa il 9,80% delle preferenze) avrebbero determinato la vittoria del centrosinistra anziché del centrodestra.

«Ma – continua Mangialardi – c’è da dire una cosa che in molti oggi non sottolineano: le primarie erano state indette, era stata fissata la data, era partita la raccolta firme. Poco dopo però Campanile è uscito dal Pd perché non riusciva a raccogliere le firme degli iscritti al Pd necessarie per presentarsi, mentre altri, come Dario Romano, non hanno più partecipato, probabilmente sapendo che non avrebbero avuto la meglio. Quindi alla fine non c’era alcun competitor con cui fare le primarie ma noi le avevamo indette».

Il Partito Democratico ha anche avanzato alcune ipotesi circa la situazione di stallo che si era creata all’interno dell’unione comunale senigalliese, sottolineando che fosse bloccato a causa di «veti incrociati». Non pochi hanno infatti visto la scelta di candidare Volpini come un atto di forza di alcuni dirigenti di partito, come l’establishment che tentava di assestare il colpo finale a coloro che avevano mal digerito la mancanza delle primarie. Secondo Mangialardi non era questa la situazione ma c’era una «necessaria sintesi da fare». A molti però non è andata giù. 

E ora il Partito Democratico di Senigallia deve trovare la forza e le figure adeguate per uscire da questo caos e riacquistare la fiducia degli elettori. Per traghettare in questo periodo il Pd senigalliese «servirà – è questa l’opinione dell’ex sindaco – una persona equilibrata, esperta, che sappia tenere unito il partito ma al contempo coinvolgere altre persone da fuori». Sostanzialmente però c’è bisogno di «più persone che, senza ambizioni, si dedichino a ricostruire i rapporti con la città e che stiano nel frattempo addosso all’attuale amministrazione».

Se poi a livello nazionale tra qualche mese non ci sarà più il Partito Democratico, sarà solo il tempo a dirlo. «Ma – continua Mangialardi – io credo piuttosto che nel futuro ci sarà un Pd allargato, che riesca a coinvolgere pezzi del movimento 5 stelle e altre persone unendole contro la destra sovranista che è nella confusione più totale, che urla ma che è in contraddizione con se stessa. Ormai è chiaro che il Pd da solo non basta più. Per farlo bisogna approfittare di questo momento in cui c’è meno tensione per ricostruire un vero rapporto con la città, al contrario di chi professa bugie e cattiverie. E nel frattempo affrontare uniti la questione covid».