SENIGALLIA – Mostra una parziale soddisfazione l’ex sindaco e oggi capogruppo regionale del Partito Democratico Maurizio Mangialardi dopo la sentenza a L’Aquila per l’alluvione del 2014. Prescritta la gran parte dei reati contestati, al tribunale abruzzese si discuterà il 9 giugno prossimo del solo reato di inondazione colposa. «La verità sta finalmente emergendo» è il commento a caldo.
La decisione era attesa da tempo: il 3 maggio 2014 una terribile alluvione causò l’esondazione del fiume Misa che allagò mezza città. Almeno 180 milioni di euro i danni al patrimonio pubblico e privato ma, cosa ancora peggiore, si verificò il decesso di quattro persone, l’ultima due settimane dopo gli eventi. Ieri, quasi 8 anni dopo, è arrivata la decisione che accerta la prescrizione per i reati che, a vario titolo, andavano dall’omicidio colposo alle lesioni, all’omissione di atti di ufficio, fino al falso ideologico; inoltre è arrivato il proscioglimento per l’accusa di abuso d’ufficio sulla questione del PercorriMisa, il progetto di fruibilità cicloturistica e di guardiania del fiume nato con l’ex prima cittadina Luana Angeloni.
«Tutti i tasselli di quel grande puzzle chiamato verità stanno andando al loro posto. Ci sono voluti quasi otto anni, un tempo lunghissimo che ho pagato pesantemente sotto l’aspetto umano e personale, ma il proscioglimento dal principale capo d’accusa, chiesto davanti al gup dal pubblico ministero dell’Aquila, fa giustizia di tante cose non vere e dimostra la fragilità delle accuse originariamente mosse nei miei confronti dalla Procura di Ancona. Del resto, è particolarmente significativo che la pubblica accusa abbia stabilito il non luogo a procedere circa il progetto “PercorriMisa”, archiviando definitivamente le mia presunta corresponsabilità sulla mancata realizzazione di opere prioritarie per la difesa idrogeologica come l’innalzamento e l’allargamento degli argini del fiume».
«Ora – aggiunge Mangialardi – a giugno andremo a L’Aquila per affrontare il dibattimento sull’unica accusa rimasta in piedi, quella di inondazione colposa, quindi senza alcun dolo, e sono certo che, anche in questa occasione, saprò dimostrare ai giudici abruzzesi la mia innocenza. Andremo a spiegare come l’alluvione non può essere imputata al rinvio di un mese (da parte del consiglio comunale e non da me) dell’approvazione della variante al Piano regolatore per la realizzazione delle vasche di espansione, considerato che il progetto era stato finanziato per la prima volta nel 1982 e che ha preso avvio solo una decina di giorni fa. Tra l’altro, nel corso degli anni, sia come sindaco di Senigallia che adesso come consigliere regionale, ho ripetutamente sollecitato la Regione Marche affinché venisse realizzato questo intervento che, in ogni caso, non rappresenta da solo la soluzione definitiva al problema delle esondazioni. E spiegheremo anche come neppure le valutazioni tecniche, non politiche, espresse a suo tempo dal Comune di Senigallia sulla perimetrazione del Piano di Assetto Idrogeologico, documento peraltro approvato dalla Regione Marche, c’entrino nulla con le cause che hanno portato all’alluvione».
«Ovviamente – conclude il capogruppo dem – la soddisfazione per una verità che sta mano a mano emergendo non cancella il dolore ancora vivo e profondo per il lutto, le sofferenze e i disagi patiti da tante persone. Di fronte a quell’evento imprevedibile, so, in coscienza, di aver sempre lavorato dalla mattina alla sera per la città, per dare risposte immediate ai cittadini nel momento dell’emergenza, per rimettere in piedi Senigallia alla vigilia di una stagione estiva che rischiava di essere compromessa, per mettere in campo tutte le agevolazioni fiscali, e non, volte ad alleviare il costo dei danni provocati da quella tragedia, per costruire i percorsi istituzionali necessari a riconoscere i risarcimenti, che seppur non sufficienti a ristorare tutte le perdite, sono stati comunque erogati in una misura mai avvenuta prima. E so anche che questo impegno è stato apprezzato dai cittadini, che non solo non mi hanno fatto mai mancare la loro vicinanza e la loro solidarietà, ma che, esattamente un anno dopo, scelsero anche di rinnovarmi la fiducia eleggendomi con oltre il 50% dei consensi. Per questi motivi il processo che ora si sta rapidamente sgonfiando, e che ha letteralmente sprecato milioni di euro di denaro pubblico, mi ha fatto male. Un processo che, anche basandosi su speciose ricostruzioni, mi è sembrato volesse più colpirmi politicamente che non chiedere vera giustizia. Di certo nessuno restituirà a me e a chi è stato coinvolto dalla vicenda giudiziaria la serenità smarrita in questi lunghi otto anni, ma oggi la decisione del Tribunale dell’Aquila rappresenta un parziale, e credo anche meritato, risarcimento».