SENIGALLIA – Potranno finalmente sperare in un risarcimento i tre azionisti senigalliesi che avevano investito importanti cifre nella British Telecom Italia. Dopo la scoperta di un buco milionario nel bilancio della società con gravissime conseguenze per chi aveva acquistato le sue azioni, c’è una sentenza del tribunale di Milano che fa ben sperare.
Nel 2017 la Procura della Repubblica di Milano aprì un’inchiesta nei confronti dei membri del cda e di alcuni manager del colosso inglese delle telecomunicazioni British Telecom, che opera in Italia tramite la società controllata British Telecom Italia. Quest’ultima da anni ha acquisito nel mercato italiano un’importante fetta di mercato, avendo tra i suoi clienti vari ministeri italiani e numerose aziende quotate in borsa, presentando bilanci d’esercizio annuali con importanti utili. Ciò ha fatto avvicinare anche numerosi risparmiatori italiani e tra essi tre cittadini senigalliesi che nel complesso acquistarono azioni della società di telecomunicazioni per oltre 550mila euro.
«Improvvisamente la società madre inglese, dopo un’indagine interna, ravvisò nel 2017 – spiega l’avvocato Corrado Canafoglia che patrocina i tre investitori – importanti irregolarità nella tenuta delle scritture contabili della sua divisione italiana. Tale terremoto interno alla società produsse effetti negativi immediati ed in particolare un buco di oltre 600 milioni di euro nei conti della società ed una svalutazione pesante sul valore delle azioni, ridotte prima di oltre la metà per poi divenire a seguire di fatto non commerciabili, non trovandosi sul mercato alcun risparmiatore interessato ad acquistarle. La stessa società inglese ammise che la divisione italiana aveva gonfiato per vari anni i risultati finanziari trascritti nei bilanci d’esercizio, con manipolazioni che vedevano coinvolti vari manager della società italiana controllata».
Si aprì così un processo penale al tribunale milanese: coinvolto fu il management dell’azienda italiana, spiega ancora il legale senigalliese – cui vennero «contestati i reati di false comunicazioni, la sistematica sovrastima delle fatture da emettere, la irregolare contabilizzazione di fatture duplicate, la sistematica sottovalutazione dei crediti irrecuperabili, nonché la falsa fatturazione e frode nelle pubbliche forniture. Secondo l’accusa, gli imputati avrebbero truccato i bilanci, con ritocchi nell’ordine di 300 milioni di euro per incidere sul margine operativo lordo e quindi occultare perdite di bilancio».
Molti azionisti, ignari di tali condotte e che avevano visto vanificare il valore delle loro azioni, hanno tentato di costituirsi quali parti civili nel processo penale ma la domanda è stata rigettata. Tranne che per tre azionisti senigalliesi che avevano investito oltre 550.000 €, patrocinati dall’avv. Corrado Canafoglia. «Si profila ora la possibilità concreta del risarcimento di questi tre azionisti ignari delle condotte contestate dalla Procura. E’ un risultato importante che arriva dopo lunghi anni processuali».