SENIGALLIA – È botta e risposta tra i sostenitori del sì e del no al referendum sul taglio dei parlamentari. Il quesito per i cittadini italiani, fissato inizialmente per il 29 marzo e ora rimandato a causa dell’emergenza coronavirus, chiede appunto se si è d’accordo o meno con la riduzione di deputati e senatori, domanda che anche a Senigallia ha diviso in due fazioni: chi preme per un risparmio e un efficientamento del parlamento e chi parla invece di rischio per la democrazia e per la rappresentatività dell’elettore.
Dopo la nascita di un comitato ad hoc per il “no” al taglio dei parlamentari che vede tra i coordinatori cittadini Cecilia Riginelli, Riccardo Mandolini e Claudio Bonucci, c’era stato l’intervento di Maurizio Perini (Progetto in Comune) per le ragioni del “sì”.
Secondo il consigliere senigalliese Perini – in contrasto con quanto sostenuto dai partiti di centrosinistra con cui si è alleato in vista delle prossime elezioni comunali – il numero di parlamentari «sproporzionato rispetto ad altri paesi europei» e il meccanismo del bicameralismo perfetto avrebbero «paralizzato la democrazia anziché favorirla».
«Noi non crediamo – spiegano i tre coordinatori senigalliesi del comitato per il “no” al referendum – che il paese abbia bisogno di una “scossa” o che siamo in una situazione di “paralisi” democratica. Le decretazioni d’urgenza sono espressione di governi deboli e di maggioranze fasulle, di leggi elettorali sbagliate e di scelte politiche discutibili. Non è una questione di funzionamento ma di democrazia. Pensiamo invece che sia in corso un altro pesante attacco alla nostra Costituzione democratica che, attraverso lo smantellamento del diritto alla rappresentanza, mira al progressivo indebolimento dei partiti e dà luogo ad un pericoloso rigurgito antiparlamentarista».
Quanti sostengono il “no” al taglio dei parlamentari, parlano di tre ragioni. «Con la attuale legge elettorale e con listini bloccati e candidati nominati, i nuovi parlamentari saranno tutti indicati dalle segreterie di partito, sottraendo di fatto al popolo sovrano totalmente il diritto di scegliersi i suoi rappresentanti». Deputati e senatori – è la tesi di Mandolini, Riginelli e Bonucci – risponderanno al segretario del partito e non più agli elettori. «La rappresentanza politica sarà inoltre concentrata nelle aree più popolose del paese, a scapito di quelle con meno abitanti ma territorialmente più vaste, ed inoltre non tutela in modo adeguato le minoranze linguistiche», tanto che «eletto ed elettore non avranno più legami e ciò favorirà ancor di più il distacco dei cittadini dalla politica, ampliando l’astensionismo e il disinteresse nei confronti delle pubbliche istituzioni. Un Parlamento con meno eletti, per giunta nominati, creerà di fatto una nuova cerchia ristretta di potenti».