Senigallia

Rifiuti abbandonati nella valmisa: «E’ un immondezzaio»

Bellucci: «Non si tratta solo di maleducazione, quella non manca; c’è chi butta via roba, danneggiando l’ambiente e chi non lo ritiene una cosa importante. Manca una vera cultura»

Rifiuti abbandonati, inquinamento, ambiente

VALMISA – Un «immondezzaio». Così un cittadino di Corinaldo definisce la situazione in alcune aree della vallata, per lo più di campagna, dove sono state rinvenute bottiglie di vetro di vino e birra, bottiglie di plastica di varie dimensioni, padelle, calzature varie, pneumatici, oggetti in gomma, giochi, brick di bevande, incarti e buste di patatine, calzini, un water, un termosifone, una portiera di automobile. 

«Vedo questo e altro ai bordi delle strade, camminando o andando in bici, soprattutto nella zona dove mi muovo abitualmente Ripe, Corinaldo e dintorni – spiega Massimo Bellucci -. Andando in auto è più difficile notare cotanto immondezzaio. Qualche giorno fa sono stato sui Sibillini e in un ruscello, dentro un bosco all’interno del Parco Nazionale, ho trovato uno pneumatico. Sembra incredibile, lo so».

Secondo Bellucci, c’è un grosso problema culturale: «Non si tratta solo di maleducazione, quella non manca; c’è chi butta via questa roba danneggiando l’ambiente e c’è chi non lo ritiene una cosa importante». All’origine di certi comportamenti il corinaldese ipotizza che ci sia il distacco dalla cultura contadina che si prendeva, fino a pochi decenni fa, cura del territorio: «I vecchi contadini che avevano letto sicuramente meno libri di noi, sapevano che noi, gli animali, gli alberi, la terra, siamo tutt’uno».

Da riconsiderare anche le iniziative messe in atto finora, nell’opinione del cittadino. «Ripulire un pezzo di strada è una cosa che, insieme ad amici, ogni tanto faccio. Cosa risolve? Apparentemente niente. Come non hanno (sinora) risolto niente cortei, raccolte di firme o azioni dimostrative eclatanti. Eppure sono importanti, gocce senza le quali il mare sarebbe più piccolo». Azioni a cui far seguire, o meglio, precedere un lavoro culturale e non la solita bacchetta magica (che potrebbe essere una nuova tecnologia) a correggere gli errori, consapevoli, che commette l’uomo.

Da qui la riflessione sulla strada giusta da percorrere: «meno tecnologia, meno culto del progresso, meno velocità, meno economia, meno potere del denaro. Meno auto. Rallentare, guardarsi intorno, riscoprire il piacere di indugiare, di carpire la bellezza dei dettagli. Non si tratta di perseguire un ingenuo sentimentalismo, o di commuoversi contemplando un tramonto, ma di andare contro corrente nei comportamenti quotidiani. Lasciare la macchina nel garage e andare a piedi (o in bici), spegnere social e tv ogni tanto, sedersi sotto un grande albero e ripensare alle cose del passato, andare alla casa di riposo per parlare con gli ospiti, fermarsi ad ascoltare il vento. E così via. Serve capire che le piccole cose (un fosso pulito, le storie di un anziano) sono importanti, così come le piccole azioni, l’attenzione per i luoghi che ci appartengono. Anzi, a cui noi apparteniamo. Rallentare per lasciarsi toccare dalla bellezza» conclude Massimo Bellucci.