SENIGALLIA – Rinaturalizzare il fosso sant’Angelo per evitare nuovi disastri. Questa la posizione del Gruppo Società e Ambiente che interviene sul tema della gestione dei corsi d’acqua, principali e secondari (fiumi e fossi), giudicandola finora poco saggia. Se i problemi venissero solo dal Misa, sarebbe anche normale impiegare tutte le risorse sul corso d’acqua maggiore di Senigallia, ma i problemi nascono anche dal reticolo secondario e qui al momento viene fatto poco a parte una convenzione per la pulizia con il Consorzio di bonifica di cui però non sono ancora evidenti i vantaggi se non il taglio di qualche canna troppo alta.
La pericolosità di tali corsi è notevolmente aumentata negli anni, spiegano dal Gruppo Società e Ambiente (Gsa). Lo dicono le ricerche storiche e gli studi, lo dicono i fatti dello scorso maggio quando il fosso Sant’Angelo è tracimato e già aveva contribuito a creare gravi disagi e danni durante l’alluvione del 2014. Il fosso è stato coperto nel suo tratto finale nel 2000 e sopra vi è stata costruita addirittura una piazzetta adibita a mercatino estivo. A sua protezione sono state installate delle grate, indispensabili per impedire l’occlusione dei sei tubi in cui era stato convogliato il deflusso delle acque del fosso.
«Visto il verificarsi sempre più sovente di eventi estremi e violenti, questa soluzione, improvvida sempre, oggi ci sembra del tutto insostenibile. Unica soluzione realistica è quello di ritornare al passato e restituire al corso d’acqua il suo stato, per quanto possibile, naturale. Rinaturalizzando il tratto terminale del fosso Sant’Angelo fino alla spiaggia si creerebbe anche una piacevole oasi di verde. Inutile alzare gli argini, come qualcuno sostiene, se non si toglie il tappo».
«Teniamo a sottolineare che questa non è una nostra idea originale ed improvvisata, ma una ipotesi già prospettata nel agli inizi degli anni 2000, a seguito della approvazione della Variante di Tutela delle Zone Costiere del 2000, a cui aveva fatto seguito un S.I.O. (Studio di inquadramento operativo della zona costiera) elaborato dagli architetti Bedosti e Sacchetti. Tale studio ipotizzava la naturalizzazione degli sbocchi dei principali fossi sulla spiaggia. La giunta allora in carica aveva prospettato una prima applicazione della direttiva alla foce del fosso della Giustizia che ad ogni piena causava forte erosione della spiaggia e creando non pochi problemi, poi si sono scelte altre strade per l’urgenza di intervenire, magari provvisorie, poi come succede spesso diventate definitive. Da allora di acqua sotto i ponti ne è passata molta (e anche sopra…..). Tornando al fosso Sant’Angelo, sponde e foce andrebbero rafforzate ed abbellite con specie igrofile e al tempo stesso adatte al terreno sabbioso e tolleranti le forti calure estive. Impresa difficile ma non impossibile, purché si mettano in campo le necessarie competenze tecniche e, ovviamente, risorse».