SENIGALLIA – Si aggravano le condizioni al pronto soccorso dell’ospedale cittadino. Da ieri, 8 marzo, nel reparto nevralgico del nosocomio è infatti operativo un solo medico la mattina, due il pomeriggio. E il fatto che rimanga aperto è possibile solo grazie all’impegno dei pochi dottori rimasti, che vanno avanti saltando turni di riposo e ferie. Qualcosa sembra muoversi all’orizzonte ma passeranno diversi giorni prima di poterne vedere gli effetti.
A delineare le criticità del pronto soccorso di Senigallia è il primario dell’Osservazione breve intensiva – medicina d’urgenza Gianfranco Maracchini, da stamattina a casa perché positivo al covid. «La situazione non è cambiata da diverso tempo a questa parte, anzi, se possibile è peggiorata. Non sono arrivati i rinforzi che erano stati promessi e garantiti dall’Asur anche in un incontro col prefetto, ma abbiamo invece avuto delle defezioni: altri due medici se ne sono andati negli ultimi mesi. Quindi da ieri abbiamo un solo medico la mattina e due il pomeriggio». Come se non bastasse, «il personale non ha più il turno di riposo e non gode delle ferie: l’ultima settimana (anziché due), l’abbiamo fatta a turno prima dell’agosto 2021, sapendo che, chi rimaneva era in difficoltà con turni da 12 ore senza riposo».
Ora, con la malattia del dirigente medico scoperta grazie a un tampone per un raffreddore sospetto, la situazione è ancora più complessa: «Non so come si possa andare avanti. Dovrebbero aver chiuso il reparto Obi e aver trasferito i pazienti». Una situazione critica dunque che pesa in modo enorme sul personale, decimato e stremato, ma anche sull’utenza: chi arriverà al pronto soccorso dell’ospedale di Senigallia dovrà – eccezion fatta per le gravità – armarsi di tanta pazienza.
Lunedì mattina, 7 marzo, il primario e la direzione sanitaria del polo ospedaliero cittadino hanno nuovamente scritto al prefetto di Ancona per informarlo della situazione e sollecitare un incontro. Un primo risultato c’è stato: dalla Prefettura hanno chiamato per fissare un incontro che slitterà ovviamente a quando il primario sarà tornato negativo.
L’Asur nel frattempo non è rimasta con le mani in mano: il concorso bandito ormai più di un anno fa è arrivato alle fasi finali, con una ventina di candidati. Scettico però Maracchini: secondo lui se ne presenteranno di meno «perché molti hanno già trovato lavoro altrove». C’è sempre la questione delle condizioni lavorative in ballo, a partire dall’aspetto economico a quello del rischio: la medicina d’urgenza è un settore delicato, in cui spesso le persone riversano anche e proprie frustrazioni per la sanità pubblica che non funziona. Non sono rare le aggressioni che, quando va bene, sono solo verbali. Problematiche nazionali dunque. Oltre al concorso ci sono anche due bandi, uno per specialisti, da cui dovrebbe arrivare una dottoressa, e uno per neolaureati da cui si spera di poter ingaggiare «almeno tre quattro persone. Dopo un’opportuna formazione, i giovani medici potranno essere messi per lo meno sui codici bianchi e verdi, quelli di minore gravità» che spesso intasano inutilmente il pronto soccorso.
Casi lievi che, con l’estate aumentano esponenzialmente facendo scoppiare puntuali come sempre le polemiche per le lunghe attese.