SENIGALLIA – Il potenziamento dei servizi sanitari che l’emergenza Coronavirus ha sbloccato in questi giorni non dovrà essere smantellato appena finita la crisi sanitaria. Ad affermarlo è l’assessore alla sanità di Senigallia, Carlo Girolametti, che interviene sul tema spiegando come le misure intraprese da Governo e Regione Marche abbiano mostrato la solidità del sistema sanitario pubblico che dovrà però essere ulteriormente integrato con i servizi territoriali. Tesi da tempo sostenuta da alcune realtà, come il comitato cittadino a difesa dell’ospedale di Senigallia: proprio da qui arriva una netta critica all’atteggiamento dell’assessore nonché medico senigalliese.
Oltre al ringraziamento al personale sanitario impegnato sul “fronte”, il responsabile della sanità cittadina ha rimarcato nei giorni scorsi: «In questo mese è stato evidente a tutti quanto sia importante la nostra struttura ospedaliera, fin dall’inizio centro di raccolta e di assistenza alle persone colpite da Covid-19 del pesarese. È altrettanto chiaro a tutti che terminata l’emergenza, perché è solo questione di tempo ma terminerà, non un solo posto letto o un servizio né tanto meno una unità operativa dovrà essere sottratta alla struttura ospedaliera di Senigallia. Ma l’ospedale deve essere supportato dall’attività sanitaria territoriale con l’integrazione funzionale ospedale-territorio e più in generale con l’integrazione socio-sanitaria».
Con queste parole Girolametti intendeva sostenere l’approccio con cui si sono sviluppate nuove forme di collaborazione: tra questi il servizio speciale di guardia medica (Usca) a supporto dei medici di famiglia che, adeguatamente formati da Medici Senza Frontiere con esperienza della epidemia di ebola, vanno a domicilio di pazienti per assistenza ed esecuzione di tamponi mirati; e il servizio di diagnostica (Drive through) per cui persone esclusivamente individuate dal dipartimento di prevenzione sono invitate a sottoporsi a tampone in un luogo aperto (lo stadio) e controllato dalle forze dell’ordine senza che il paziente scenda dalla propria auto.
Sempre in tema sanità pubblica e gestione emergenziale, sono in fase di distribuzione i dispositivi di protezione individuale (Dpi) per le strutture residenziali (case di riposo e residenze protette) del territorio da Arcevia a Senigallia: si tratta complessivamente di oltre 5.700 mascherine e quasi mille paia di guanti.
Infine i servizi sociali dell’Unione dei comuni “Le terre della Marca Senone” hanno predisposto contatti telefonici più frequenti con i soggetti in cura (siano essi anziani, disabili, ecc), una maggior relazione con le assistenti sociali, sostegno emotivo e psicologico e attivazione di servizi di emergenza con unità operativa di pronto intervento.
«Una volta si diceva: “si chiude la stalla quando i buoi sono fuggiti”». Esordisce così il comitato cittadino a difesa dell’ospedale di Senigallia nel criticare l’atteggiamento di Girolametti: con il suo intervento «ci ha dato implicitamente ragione, magari a sua insaputa, su quanto abbiamo gridato in questi ultimi tre anni. Purtroppo solo ora che l’emergenza dilaga si è accorto dei primari tolti a Senigallia e dati a Jesi e Fabriano; dell’otorinolaringoiatria che non è più un reparto ma un ambulatorio; dell’utic di cardiologia che non è più terapia intensiva ma riabilitativa; dei servizi (radiologia e laboratorio analisi) depotenziati nella dotazione organica (medici e tecnici); della mancanza del primario di ortopedia che invece guarda un po’ è stato nominato a Jesi e Fabriano…».
E questo nonostante i numerosi incontri e interventi pubblici fatti dal comitato per sollecitare la politica locale a dare risposte alla cittadinanza in tema di sanità. A quegli stessi incontri dove si individuava nel declassamento il futuro dell’ospedale senigalliese, la politica non ha mai voluto partecipare. «Siamo felici di aver inciso su chi ha il potere di tagliare o quantomeno di opporsi a chi aveva sforbiciato in lungo ed in largo senza dare ascolto ai cittadini. Un po’ meno, molto meno, i senigalliesi».