SENIGALLIA – Il risvolto del terremoto del 9 novembre e dello sciame sismico che ne è seguito è una serie di chiese e immobili diocesani chiusi al culto dei fedeli per lievi cedimenti e approfondite verifiche ancora tutte da compiere. A darne notizia è la presidenza della Conferenza episcopale marchigiana (Cem) che ha redatto grazie al dialogo tra i vescovi del territorio, una prima raccolta dei danni registrati e quelli che si sospetta si siano verificati.
Dopo le Diocesi di Ancona e Pesaro, con 11 luoghi di culto interessati dal sisma ciascuna, e di Fano con 9, c’è quella senigalliese che presenta un conto apparentemente salato di sei chiese e locali attigui coinvolti. Almeno inizialmente, dato che vi sono stati registrati distacchi di intonaco, crollo di alcuni materiali a terra, con pietre finite anche nelle zone riservate ai fedeli e allargamento di alcune crepe già presenti.
Tra i luoghi di culto lesionati o quanto meno interessati dalle prime verifiche per il sisma del 9 novembre scorso ci sono la cattedrale di san Pietro Apostolo e l’adiacente palazzo vescovile che si affacciano su piazza Garibaldi; la chiesa di santa Maria del ponte al porto, nell’omonimo rione Porto, già con alcune crepe dopo il sisma del 30 ottobre 2016; il santuario corinaldese dedicato a Maria Goretti e altre due chiese che necessitano ulteriori controlli. La Diocesi ha disposto la chiusura al culto e ai fedeli per permettere l’approfondimento dei potenziali danni tramite nuove verifiche e sopralluoghi.
Intanto della situazione è già stato interessato anche il segretariato regionale del Ministero della cultura con cui saranno pianificate verifiche ed eventuali interventi per riaprire al più presto un patrimonio culturale di valore, nonché significativo sotto l’aspetto sociale e religioso.