SENIGALLIA – In questo periodo di emergenza Coronavirus, ci sono operatori che non possono stare a casa. Come coloro che lavorano in ospedale, anche il personale della Croce Rossa Italiana – comitato di Senigallia è chiamato in prima linea, tra senso del dovere e timore del contagio, a fronteggiare una crisi sanitaria che ancora deve raggiungere il culmine.
«Il clima è chiaramente teso – spiega Luca, 52 anni, da 7 tra le fila della Croce Rossa senigalliese – perché tutti abbiamo il timore di entrare in contatto con il virus e la paura poi di trasmetterlo ai nostri familiari. Per questo sono state prese rigorose precauzioni sia a livello di formazione del personale che nell’approvvigionamento dei materiali per la sicurezza nostra e dei pazienti che trasportiamo».
Un motivo in più per eseguire tutte le procedure con particolare attenzione, perché una semplice disattenzione può essere pericolosa e infettare più di una persona. Perciò il neo presidente Andrea Marconi e il consiglio direttivo appena insediatosi hanno fornito precise indicazioni operative. Tra queste: seguire scrupolosamente le manovre per la vestizione con i dispositivi di protezione individuale, sanificare a fondo i mezzi e organizzarsi in modo tale da “dividere” gli equipaggi dei vari servizi per non compromettere l’operatività della Croce Rossa.
«Ogni equipaggio che svolge il servizio di 118 ha tutti i dispositivi di protezione individuale (dpi) del caso: tute, mascherine ffp3, occhiali, calzari e usciamo in tre in modo da far rimanere il conducente nella parte anteriore del mezzo, un ambiente incontaminato, e non farlo entrare in contatto con il paziente. Una volta terminato il viaggio, tutti i mezzi vengono sanificati: abbiamo predisposto anche dei teli per evitare ogni rischio, che ovviamente ogni volta dobbiamo gettare e cambiare».
Discorso simile per quanto riguarda i trasporti sanitari effettuati con mezzi ad hoc diversi dal 118: i due volontari della Croce Rossa indossano mascherine chirurgiche e guanti e «prima di entrare in casa, facciamo un’intervista telefonica chiedendo se ci siano determinati sintomi come raffreddore, tosse secca o febbre sopra 37,5 o il risultati di eventuali tamponi in modo da essere consapevoli in ogni istante della situazione che ci troviamo di fronte; eventualmente si prendono precauzioni ulteriori».
Procedure complesse e da seguire attentamente per non vanificare ogni singolo sforzo fatto finora che ha permesso di mantenere tutto il personale sano e non contagiato nonostante si rechi in un ambiente, l’ospedale di Senigallia, dove sono ricoverati oltre 70 pazienti conclamati covid19-. C’è infatti un solo volontario a casa ma per una semplice influenza accertata dal tampone negativo. «Il resto delle attività non urgenti sono state sospese – continua Bindelli e, adesso non ci resta che continuare a lavorare bene: speriamo che tutto si risolva velocemente». E le testimonianze della città, oltre alle donazioni da parte di singoli cittadini, associazioni e imprese, spronano a percorrere questa strada con ancora maggiore decisione.