SENIGALLIA – Il cambiamento sociale e demografico va di pari passo con il contesto economico e con i mutamenti urbanistici. Per questo all’amministrazione comunale arriva un appello a non dimenticare alcuno di questi aspetti quandi si progetta la città del domani.
A fare questo invito è lo storico Virginio Villani che parte da alcune considerazioni sulla Senigallia degli anni ’60, fino a quando «i quartieri della città, sia il centro storico, che la prima periferia, somigliavano ancora per molti aspetti ai borghi di paese. Tutti i servizi necessari alla vita quotidiana dei residenti erano, quando più quando meno, a portata di mano: trovavi a poca distanza il negozio di generi alimentari, la macelleria, il fruttivendolo, il panettiere, il macellaio, la merceria, il barbiere o la parrucchiera e quanto altro. Numerose erano poi anche le botteghe degli artigiani, soprattutto sartorie e calzolerie, ma anche falegnamerie, officine di idraulici, meccanici, fabbri ecc. Quindi le attività commerciali e artigiane si mescolavano strettamente alla vita quotidiana della popolazione residente e tutto questo, oltre a costituire una comodità per gli abitanti, favoriva una vita sociale intensa, perché i negozi e le botteghe artigiane costituivano un’occasione di incontro, di scambi, di chiacchiere insomma di relazioni umane».
Oggi la situazione però non è più la stessa. Non solo per il calo demografico nelle zone del centro storico, non solo per il cambiamento sociale – i giovani sono costretti per gli alti costi a “emigrare” in periferia o dalla città nei comuni limitrofi, vedi la forte espansione della frazione Casine a Ostra, Passo Ripe e Brugnetto a Trecastelli – ma anche per il degrado di alcuni edifici che rendono di fatto meno attrattivo il centro. Lo stesso calo di residenti ha avuto un impatto sulle attività che hanno visto via via diminuire i propri clienti, contestuale anche alla nascita dei centri commerciali e all’insufficienza degli spazi per molte botteghe artigiane. Al posto delle botteghe ci sono ora anonimi negozi che cambiano di continuo, ristoranti e attività connesse che favoriscono un centro animato solo nel weekend o a determinati orari.
Ma non è solo un questione economica: la mancanza di attività storiche e radicate in centro favorisce l’impoverimento del tessuto sociale avendo meno occasioni per recarvisi e quindi meno occasioni di socializzazione. Alla fine, Villani ne è pessimisticamente convinto, «il centro storico sembra diventare sempre più il luogo dello spettacolo e dell’animazione teatrale, che della residenza». E se alcuni mutamenti sono inevitabili, altri invece possono essere governati: come la gestione di una città a misura d’uomo che tenga conto di tutti questi aspetti citati sopra. Ma bisogna avere un progetto di città, conclude, e spesso questo latita.