SENIGALLIA – La sua colpa sarebbe quella di aver fatto cambiare religione al figlio di un politico che dal Pakistan ha organizzato una spedizione punitiva per vendicarsi. Lo vorrebbe morto e, stando a due denunce presentate ai carabinieri, lo ha fatto già picchiare una volta da un gruppo di connazionali. Erano almeno in 15 la notte dell’8 marzo quando in piazza Simoncelli lo hanno aspettato, nascosti a bordo di due furgoni e una auto parcheggiata. Uno aveva anche un bastone e tutti insieme lo hanno picchiato lasciandolo a terra tramortito. Poi la corsa in ospedale con una prognosi di 7 giorni. Protagonista dell’agguato un 22enne pachistano che fa l’operaio.
Solo in questi giorni è trapelata la notizia perché la vittima è stata anche minacciata di morte. La prima denuncia fatta risale al 9 marzo, il giorno dopo l’aggressione che, per come è stata raccontata ai militari della spiaggia di velluto, ha tutti i contorni di una spedizione punitiva. Il 22enne era uscito di casa, era passata la mezzanotte quando è stato circondato dal un gruppo di connazionali. Lo avrebbero picchiato e rapinato di un cellulare che aveva in tasca. Solo l’intervento di un passate avrebbe fatto fuggire il branco. Il giorno dopo il pachistano ha fatto denuncia indicando alcuni nomi di connazionali che aveva riconosciuto durante l’aggressione. A distanza di tempo si era imbattuto di nuovo nel gruppetto che lo avrebbero minacciato per fargli ritirare la denuncia «o farai una brutta fine». Tramite la madre, rimasta in Pakistan, il 22enne è venuto a sapere che un politico pachistano ce l’aveva con lui perché avrebbe dirottato il figlio a cambiare religione (da qadiani, gruppo di sostenitori di un islam più integralista e poco accettati da altre religioni a islamico). Avendo saputo dove si trovasse avrebbe deciso di dargli una lezione. Così il 22enne ha sporto una seconda denuncia rivolgendosi anche ad un avvocato, Domenico Liso, per essere tutelato. Adesso ha paura ad uscire di casa da solo. «Vogliono uccidermi».