Senigallia

«Nella vita conta avere il senso della posizione» Intervista al duo Rezza-Mastrella a Senigallia con Hýbris

Antonio Rezza e Flavia Mastrella tornano nelle Marche con lo spettacolo "Hýbris" in programma questa sera (18 aprile) al teatro La Fenice di Senigallia. Nell'occasione li abbiamo intervistati

Antonio Rezza e Flavia Mastrella (Credits Ph Giulio Mazzi, profilo ufficiale Fb Rezzamastrella
Antonio Rezza e Flavia Mastrella (Credits Ph Giulio Mazzi, profilo ufficiale Fb Rezzamastrella

SENIGALLIA – Antonio Rezza e Flavia Mastrella tornano nelle Marche e lo fanno portando in dote uno spettacolo straordinario come “Hýbris” dove la comicità dissacrante, corrosiva e provocatoria che li contraddistingue stavolta si rivolta contro le gabbie della famiglia e della società. Lo spettacolo, appuntamento fuori abbonamento proposto da Comune e AMAT con il contributo di MiC e Regione Marche in programma giovedì 18 aprile al Teatro La Fenice, è stata l’occasione per parlare con i due artisti non solo della loro ultima creatura ma anche del ruolo del teatro, della morte e di Dio.

Quale è la genesi dello spettacolo Hýbris?
Antonio Rezza: «Io e Flavia abbiamo iniziato a lavorare in questo spettacolo nel 2018, poi ha debuttato tardi perché di mezzo c’è stato il Leone d’oro a Venezia prima e subito dopo la pandemia… per questi motivi il debutto è stato rimandato… involontariamente, nonostante cronologicamente sia stato scritto prima del Covid, questo spettacolo racconta bene le dinamiche che da lì a poco tutti abbiamo vissuto… sul palco la scena ruota intorno ad una porta che, a mia discrezione, viene aperta o chiusa: sono io che stabilisco in maniera del tutto arbitraria chi sta dentro e chi sta fuori…. Ovvero faccio quello che ha fatto lo Stato in modo ignobile durante il periodo pandemico…. Lo spettacolo non parla di questo periodo ma è curioso come lo abbia previsto… in fondo l’arte vera è questo che deve fare: prevedere, anticipare i tempi che viviamo: in questo caso attraverso una porta io stabilisco la posizione degli altri. La posizione è fondamentale nell’esistenza: prima dobbiamo chiederci ‘dove siamo?’, poi, solo dopo, ‘chi siamo?’ non è “Chi sono/dove sono” come diceva Battiato ma bensì il contrario; il luogo ci determina, ce lo conferma anche la natura animale: il felino che vive nella giungla sviluppa un tipo di comportamento, il bambino che cresce nelle case popolari fatiscenti sviluppa un’idea della bellezza piuttosto discutibile… l’ambiente modifica chi noi siamo… dobbiamo avere… il senso della posizione, ecco: questo conta nella vita…avere il senso della posizione!»

lo spettacolo “Hýbris” di Flavia Mastrella e Antonio Rezza
lo spettacolo “Hýbris” di Flavia Mastrella e Antonio Rezza

Perché la scelta di questo titolo?
Flavia Mastrella: «Incarna l’essere umano che decide, si ribella agli dei che vogliono determinare il suo fato. Serviva un titolo che rispecchiasse il momento storico che attraversiamo. Il lavoro racconta il disorientamento ed il vuoto che sentiamo e che pervade i tempi che viviamo. È la porta il simbolo del presente: un varco che apre sul vuoto e chiude sul nulla e conduce ad un vicolo cieco, all’immobilità mentale e che vuole raccontare una dittatura. La porta ha perso totalmente il significato: non ha più la stanza, non ha più riferimenti spaziali eppure l’uomo continua ad usarla».

Hybris ovvero l’arroganza dell’uomo verso Dio, verso la Natura, verso tutto: lei crede in Dio?
Antonio Rezza: «Guardi, non ho il tempo… ho una giornata troppo piena…comunque ho smesso di credere a qualsiasi forma trascendente quando avevo 14 anni e l’ho fatto in modo disincantato e lucido. Purtroppo credo non ci sia nulla di nulla, nemmeno le energie dei buddhisti… sia chiaro, questo per me è un dispiacere inconsolabile… non è che io sia contento di questo…mi piacerebbe che esistesse Dio anche perché, per quello che faccio, e come lo faccio, per il rigore e la dedizione che ci metto sarei un’anima da salvare…mi dispiace che Dio non è riuscito ad esserci…saremmo andati d’accordo!»

La porta che campeggia al centro del palco, una scenografia nuova, diversa dalle solite e soprattutto un palco affollatissimo come non mai: 8 persone…che ci può dire al riguardo?
Antonio Rezza: «Si, mai fino ad ora sul palco c’erano state 8 persone contemporaneamente: si tratta di uno spettacolo corale… nonostante solo io abbia diritto di parola, senza la presenza degli altri non saremmo riusciti ad andare dove volevamo e dire quello che volevamo dire… anzi, colgo al volo l’occasione per esprimere la mia soddisfazione per avere avuto l’opportunità di portare questo spettacolo nelle Marche grazie all’Amat: se non fosse per loro non saremmo mai riusciti a portare Hybris in questa vostra regione che per noi è una seconda casa… è curioso come ci sia una specie di maledizione che da anni ci impedisce di esibirci ad Ancona… abbiamo calcato i palcoscenici più importanti ma niente, ad Ancona non ci vogliono proprio».

Si legge sulle note di regia “Le gabbie naturali imposte dal mondo legiferano della nascita, della crescita e della cultura, ma la morte è come al solito insabbiata”… perché persiste ancora il tabù della morte?
Antonio Rezza: «La morte, come diceva anche Canetti, è l’unica vera grande sciagura: non dobbiamo mai accettare l’idea della morte… la morte pone fine a tutto, si tratta dell’unico flagello che dobbiamo sempre rifiutare… soprattutto in un momento del genere dove la morte viene inoculata nell’essere umano… non ho paura a prendere posizione ad esempio sulla questione palestinese: stanno cancellando un popolo dalla faccia della terra e si fa finta di niente; la solita mentalità imperialista nel non dire nulla a vantaggio dell’oppressore… Ecco, siccome la morte già esiste, non vedo perché bisogna aiutarla procurandola…».

I vostri spettacoli sono da sempre bicefali: si ride di cuore ma al contempo si torna a casa inquieti perchè si ha l’impressione che il testo e l’opera abbia scavato, anche in maniera violenta, dentro la persona, quasi che la comicità sia un anestetico durante un’operazione… quale pensate debba essere il ruolo di un certo tipo di teatro come il vostro?
Antonio Rezza: «Il nostro teatro è un teatro di opposizione frontale ad un Ministero che finanzia le opere e poi impedisce a queste di circolare liberamente… il ruolo non lo so, so che è necessario a noi che lo facciamo e fondamentale per chi lo viene a vedere e sono tanti».

Flavia Mastrella: «Il Teatro deve mantenere sempre un ruolo di contrapposizione al regime…. Deve parlare un linguaggio scorretto, che da fastidio perchè purtroppo viviamo in un regime».