Il centrocampista Michele Cavion, cresciuto tra i settori giovanili di Vicenza e Juventus, poi in prima squadra protagonista con le maglie di Reggiana, Feralpisalò, Carrarese e Cremonese, ora alla sua seconda stagione ad Ascoli e rappresentante AIC (Associazione Italiana Calciatori), esprime tutte le sue preoccupazioni per lo stato attuale, raccontandosi ed illustrando le prospettive che la stessa AIC sta valutando.
Essendo veneto, di Schio, il bianconero è in apprensione per i tanti amici in una delle zone più colpite dal virus, così come in quella di Cremona, ultima città in cui ha giocato per due anni prima dell’approdo all’ Ascoli. Queste le parole del centrocampista: «Il mio primo pensiero va a tutte le persone che sono state colpite dal virus o hanno famigliari coinvolti; purtroppo a Cremona ho lasciato molti amici, Roberto era uno di questi, è stato magazziniere della Cremonese ed è morto; ho un altro amico colpito dal virus, è uscito da poco dall’ospedale, non vede compagna e figlia da oltre un mese. La situazione in quelle zone è davvero critica. I miei genitori invece sono a Vicenza, chiusi in casa. Vivo di calcio, il mio sogno fin da bambino è sempre stato quello di giocare, ma mi accorgo che in questo momento il calcio viene in terzo o quarto piano. Muoiono centinaia e centinaia di persone al giorno e migliaia vengono ancora contagiati, non ho idea di come si possa tornare a giocare in questa situazione».
Come cambierà il calcio? Prosegue Cavion: «Penso che il calcio vada di pari passo col resto dell’economia globale e, se quest’ultima sta subendo un brusco rallentamento, così sarà anche per il calcio, a partire dal livello dei giocatori, fino agli ingaggi ed ai ricavi delle società. La storia insegna però che, anche dopo momenti di flessione, si è riusciti a tornare ad una situazione di normalità, non so quanto tempo sarà necessario, la situazione è in evoluzione».
Essendo rappresentante per l’Ascoli Calcio dell’AIC, conclude il centrocampista ascolano: «Sono in contatto quotidiano coi rappresentanti dell’AIC stessa e quelli delle singole squadre: l’idea comune è quella di pensare alla salute, nostra, dei nostri cari e delle persone più deboli. Non c’è un’idea dei tempi di ripresa, non sappiamo quanto ci vorrà, speriamo che fra due settimane i dati siano confortanti. In questo momento è utopistico e prematuro parlare di ripresa. Se ci saranno le condizioni, ben venga ripartire, vorrà dire che l’emergenza sarà rientrata. Bisogna considerare che per una trasferta si spostano una cinquantina di persone fra atleti e staff. L’AIC con la Federazione sta cercando tutte le soluzioni per poter portare a termine i campionati, sappiamo l’interesse economico che c’è in ballo. Cercheranno di spostare i tempi e riprendere in estate anche a costo di dover disputare tre gare a settimana. Ricordo ancora il rinvio di Ascoli-Cremonese, all’inizio dell’emergenza. Col senno di poi è facile, avrei detto di sospenderla, ma andava gestita in modo diverso.
Quando ci comunicarono la decisione delle Autorità competenti eravamo già entrati in contatto da tempo negli spogliatoi e quindi tanto valeva giocarla; inoltre si disse che i tifosi della Cremonese erano arrivati in città già dal giorno prima. Dico che le due squadre allora sarebbero dovute restare sui pullman e non incontrarsi affatto, ma, ripeto, col senno di poi è facile».