Lo sport dilettantistico rischia di venire uscire nettamente ridimensionato dall’emergenza Coronavirus. «Senza defiscalizzazioni lo sport si ferma», è il triste vaticinio del presidente del Cus Ancona, David Francescangeli. Che fa eco alle parole dell’assessore allo Sport del comune di Ancona Andrea Guidotti.
«Senza distinzioni per sesso ed età, ragionando sugli ultimi dati quelli del 2017 forniti dal Coni, in Italia abbiamo poco meno di 13.850.000 individui tra atleti, dirigenti, tecnici e giudici di gara, appartenenti al mondo CONI e CIP (Federazioni Sportive Nazionali, Discipline Associate, Associazioni Benemerite, Enti di Promozione Sportiva) – scrive Francescangeli in una nota -. Non considero i professionisti che sono neanche l’1% e non considero gli oltre 2.000.000 di utenti che fanno sport non associato agli Enti di cui sopra. Stiamo parlando quindi, del 23% della popolazione italiana. Circa un quarto o se preferite 1 su 4».
E ancora: «Tutti ben sappiamo che lo sport educa, lo sport è salute, lo sport è integrazione ed aggregazione, lo sport toglie dalla strada, lo sport apre la mente, lo sport insegna le regole, lo sport da lavoro e produce turismo, lo sport fa social “sano”, lo sport è volano di economia, lo sport è divertimento, lo sport è sacrificio ed impegno, lo sport è sorrisi, lo sport è vita. Tutti sappiamo che lo sport, tranne per quell’1% di cui sopra, non ti fa “campare”. Lo si fa con rimborsi e compensi modesti, con passione, competenza, impegno, fatica e professionalità. Non si produce quindi reddito, bensì si consumano risorse e se queste vengono meno si cade in picchiata verso la fine».
Ed ecco le preoccupazioni: «Che cosa o chi rischia di più a settembre? Sì, a settembre, perché prima secondo me non si potrà riprendere un bel niente con la necessaria sicurezza per l’incolumità delle persone. Ciò che rischiamo di veder svanire come neve al sole saranno proprio le cosiddette prime squadre. Assisteremo al fenomeno inverso degli ultimi anni che ha portato alla creazione di oltre 100.000 ASD. Non andrà in crisi lo sport di base vero, quello dei bambini, quello che tanto o poco comunque paga la “quota”. Sì, qualche famiglia non potrà permetterselo, ma troverà sempre qualche ASD, come la mia, che farà fare comunque sport ai loro figli. Sono le prime squadre che saranno azzannate dalla crisi, quelle che vanno avanti con le cosiddette entrate promo-pubblicitarie oltre all’aggiunta, a volte, dell’autofinanziamento degli atleti (chiedete in giro se non mi credete). Sto parlando di una grande fetta di quei 13 milioni».
E quindi ecco la soluzione, secondo Francescangeli: «Cosa si risolve con la defiscalizzazione, o meglio detta generazione di credito d’imposta sul reddito, per quanto devoluto alle Associazioni Sportive Dilettantistiche sulla base di accordi promo-pubblicitari? Cosa si ottiene da una distribuzione di quelle risorse, che già lo Stato mette in gioco per l’attività sportiva, fatta in modo tale da sostenere ed incentivare realmente la base dello sport e non solo la punta di un iceberg che si sta sciogliendo? Cosa si ottiene da una riduzione delle tariffe d’uso degli impianti sportivi pubblici? Cosa si ottiene se le federazioni riducono i costi di tesseramenti, affiliazioni, iscrizioni ai campionati, iscrizione alle gare per le discipline individuali, tasse gara per le discipline di squadra? Cosa succede al turismo sportivo se si incrementano ed ottimizzano le sinergie tra gli attori dei due settori? Ognuno dia la sua risposta. Io sono convinto che se non si faranno queste cose, o magari di migliori, ci mancherebbe, il livello dello sport italiano rischia di calare notevolmente perché la qualità emerge dalla quantità, la quantità è lo sport dilettantistico ed è quest’ultimo che risentirà maggiormente della crisi laddove non sparirà del tutto».