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Pallavolo, pubblico nei palasport al 35%: la decisione divide

I top club spingono per un ampliamento del pubblico negli impianti sfruttando tutta la capienza. Nelle categorie inferiori si aderisce per solidarietà ma i problemi sono altri. Primo tra tutti la posizione dei genitori sulle vaccinazioni ai figli

Beppe Cormio, DG Cucine Lube Civitanova Marche (Foto, ufficio stampa Lube)

CIVITANOVA – Mentre la Cucine Lube Civitanova alza la voce contro la decisione di prevedere solo il 35% del pubblico presente al palas minacciando di boicottare l’inizio del campionato, nelle categorie inferiori il problema è meno sentito anche se il fronte è compatto e solidale.

Il dg della Cucine Cormio è tra i più attivi: «Cerchiamo di sensibilizzare l’opinione pubblica. Siamo stati bistrattati: il primo anno abbiamo perso l’intera fase dei Play Off, il 50% della possibilità di incassare, il secondo anno non abbiamo quasi mai avuto il pubblico. I danni subiti ammontano a un milione e mezzo di euro e non c’è stato nessuno tipo di ristoro. Così non si può andare avanti. La soglia del 35% è troppo bassa, chiediamo che i tifosi dotati di green pass possano riempire gli impianti, magari adeguandosi a stili diversi per seguire i match. Non comprendiamo una misura drastica che lascerebbe fuori tanti appassionati».

Tra botteghino, abbonamenti, merchandising e ristori agli sponsor, per un club come la Cucine Lube i mancati introiti hanno toccato nella passata stagione oltre il 20% del budget complessivo.

Non stanno meglio altri top team come Perugia e Modena. Trento ha accusato più degli altri il problema e ridimensionato il budget della squadra per la stagione che va ad iniziare privandosi dei gioielli Giannelli e Lucarelli.

In A1 femminile la situazione è simile.

Scendendo di categoria però il quadro è destinato a cambiare.

Restando sempre al maschile anche la MedStore Macerata in serie A3 si è pronunciata contro la decisione schierandosi, come richiesto dalla Lega Volley, in maniera chiara. Altrettanto hanno fatto la Videx Grottazzolina e la Vigilar Fano. Tutte hanno sottoscritto un appello in forma di petizione per chiedere al ministro Speranza di rivedere le decisioni.

Provando a guardare cosa accade nell’altra metà del cielo pallavolistico, quello del settore femminile, la Cbf Balducci Macerata detentrice della Coppa Italia di serie A2, attraverso le parole del proprio presidente Paolella ha lasciato intendere che, nel caso specifico, in un impianto con capienza ampia come quello di Macerata, anche il 35% del pubblico presente, circa 700 posti, sarà un pubblico già sufficiente dopo i due anni praticamente a zero. Piace anzi che sia stato tolto l’obbligo dei test molecolari settimanali, dispendiosi per le società e “invasivi” per il gruppo squadra oltre che fonte di tensione continua. Tuttavia la solidarietà anche qui non è mancata.

Il mondo del volley tuttavia si ritrova compatto perché senza i grandi club che trascinano il movimento, a ricaduta, anche nelle categorie inferiori le conseguenze sono inevitabili.

Per i piccoli club che lavorano tanto col settore giovanile, invece, il problema vero è quello del Green Pass per tutti gli atleti. Le decisioni di alcuni genitori, legittima certo, ma difficilmente condivisibile per le conseguenze non solo sanitarie, di non vaccinare i figli e di non sottoporli a due tamponi rapidi a settimana come richiesto dal protocollo, significa costringerli ad abbandonare la pallavolo ed ogni sport di squadra. È giusto?

Tra le incredibili contraddizioni di questo mondo del volley succede che la B maschile non ha mai avuto tante squadre marchigiane iscritte come quest’anno, ben 8, in un momento storico nel quale con zero pubblico nei palasport tali realtà hanno beneficiato delle opportunità tecnologiche disponibili trasmettendo praticamente tutti, le partite casalinghe in diretta attraverso le piattaforme social non essendoci vincoli contrattuali sui diritti di immagine come quelli imposti dalla Lega per i club di serie A.

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